La straniera by Claudia Durastanti

La straniera by Claudia Durastanti

autore:Claudia Durastanti [Durastanti, Claudia]
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2019-02-13T16:00:00+00:00


Inghilterra

L’elastico viola

A Calcutta c’è un cimitero dove riposano i funzionari della East India Company; le iscrizioni sulle tombe non lo dicono, ma le persone sepolte lì devono essere morte di tifo, duelli o naufragi. Il cimitero si trova a Park Street ed è pieno di sepolcri gotici ammorbiditi dal muschio, carcasse di pietra sparse tra templi indo-saracenici rivestiti da un groviglio di piante. Tra quelle piante putride e salmastre si trova anche il figlio di Charles Dickens, un luogotenente pieno di debiti morto di aneurisma; il padre lo aveva scoraggiato a scrivere libri.

Quando l’ho attraversato durante un viaggio fatto con la mia amica Francesca a vent’anni, ho avuto la sensazione di trovarmi in due emisferi nello stesso momento, come nei videogiochi in cui l’eroina cammina in due mondi paralleli all’interno della stessa schermata: da una parte c’era un paese che non avevo mai visto ma con cui sentivo di avere un legame – l’Inghilterra – e dall’altro c’era l’India, in cui ogni giorno il mio sangue si faceva più denso. Se avessi svelato il mistero di un paese, mi sarebbe stato consegnato l’altro.

Fuori dal cimitero su Park Street, c’erano dei palazzi vittoriani corrosi dai tropici, era pieno di uffici e istituzioni britanniche con le inferriate color gommagutta e i tetti a cupola, ma non mi avevano fatto pensare molto al passato coloniale. Somigliavano più a relitti steampunk, a quello che le capitali occidentali potevano diventare dopo decenni di dissesto climatico. Passeggiavo per Calcutta in mezzo agli impiegati delle aziende di software, milioni di lavoratori vestiti dai grandi magazzini che sfilavano compatti, infiniti, ed era facile immaginare che un giorno le città inglesi surriscaldate dalle loro ambizioni e oppresse dall’inquinamento le sarebbero somigliate.

Da Calcutta non mi aspettavo le chiese dai tettucci anneriti e l’invasione di corvi che beccavano lungo la strada; di ritorno all’ostello in cui alloggiavo mi accostavo alle pareti di mattoni rossi per ripararmi dalle nuvole nere formate dagli uccelli. Non avevo mai visto un posto così gotico, di un gotico bruciato, in cui le statue delle donne alate si disintegravano per la luce del sole.

All’inizio mi connettevo alla mail per raccontare tutto questo alle persone rimaste a casa, poi dopo un paio di settimane io e Francesca decidemmo di sparire. Sarebbe stato uno degli ultimi viaggi senza collegamento internet, fu la decisione più spirituale che presi in quei giorni.

Eppure niente di quello che avevo attorno mi faceva sentire fuori dalla storia, neanche l’assenza di telecomunicazioni, o come se fossi in un incubo tropicale di cui avevo letto nei romanzi di Conrad, con le stazioni di posta, le ore batteriche, e le attese.

Al nostro arrivo avevamo preso un taxi all’aeroporto di Delhi, un viaggio di quaranta minuti fino all’ostello su strade che credevo più stanche, quasi mai nate, e invece i semafori avevano il cronometro. Il primo odore dell’India che avvertii, inaspettatamente, fu quello del disinfettante. Tra le baracche addossate agli hotel che si chiamavano Baby Las Vegas, le luci natalizie appese ai cornicioni e ai manifesti della Coca-Cola



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.