Islamofollia by Francesco Borgonovo & Maurizio Belpietro

Islamofollia by Francesco Borgonovo & Maurizio Belpietro

autore:Francesco Borgonovo & Maurizio Belpietro [Borgonovo, Francesco & Belpietro, Maurizio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Comparative Politics
ISBN: 9788820097196
Google: RDM_DwAAQBAJ
editore: Sperling & kupfer
pubblicato: 2017-11-21T12:38:07+00:00


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Il partito islamico

ABBIAMO perso il conto delle volte in cui i musulmani di casa nostra hanno ripetuto la tiritera delle buone intenzioni. Cose del tipo: «Siamo i primi a volere chiarezza e legalità»; «Vogliamo farla finita con i centri di preghiera irregolari...» Alla prova dei fatti, tuttavia, la comunità islamica italiana (o per lo meno una sua buona fetta) si è comportata in modo leggermente diverso da quanto dichiarato ai quattro venti. Vediamo ciò che è accaduto a Roma nell’ottobre del 2016. È successo che il Comune ha dato il via a una stretta sulle cosiddette moschee abusive, cioè i famosi scantinati, garage e stanzoni in cui i musulmani si riuniscono per pregare. In poche settimane sono stati chiusi almeno cinque centri, da Centocelle a Ponte di Nona. Ufficialmente, per lo più, si trattava di associazioni culturali, luoghi in cui si dovrebbero tenere dibattiti o iniziative simili. Ma che, in realtà, sono stati utilizzati come sale di preghiera, anche se non a norma.

E la comunità islamica che ha fatto? Come ha reagito? Ovvio: lamentandosi. Non solo: è scesa in strada per protestare. Prima Centocelle, poi il Pigneto, quindi Tor Pignattara. Le associazioni islamiche hanno organizzato preghiere in mezzo alle vie dei vari quartieri della capitale. L’obiettivo era sempre lo stesso: opporsi alla chiusura delle moschee irregolari. «Siamo abusivi? Sì ma lo Stato italiano non ci ha mai fornito alternative, di fatto non garantendo il rispetto della Costituzione», ha dichiarato a RomaToday Bacchu Dhuumcatu, responsabile della associazione Dhuumcatu. «Non c’è alcun percorso burocratico che garantisca la realizzazione di un luogo di culto islamico degno che possa non essere conforme alla destinazione d’uso urbanistica», ha spiegato. Il suo gruppo di Dhuumcatu è particolarmente radicato nella zona di Tor Pignattara, e riunisce musulmani originari del Bangladesh. Ma ha protestato anche Francesco Tieri del CAIL, il Coordinamento delle associazioni islamiche del Lazio. E alle «preghiere di protesta» si è palesato pure Hamza Roberto Piccardo. Lo stesso signore che, ai primi di agosto del 2016, commentando un’unione omosessuale celebrata a Milano, ha scritto su Facebook: «Se è solo una questione di diritti civili, ebbene la poligamia è un diritto civile».

Tramite i social, Piccardo ha sostenuto con entusiasmo le preghiere in strada, e non è stato l’unico. Del resto anche a Milano, nella comunità musulmana, ha piantato radici un profondo risentimento, visto che la costruzione della moschea tarda a concretizzarsi. A Roma, però, la moschea c’è e non è nemmeno il solo luogo di preghiera. Non si capisce bene, allora, che bisogno ci sia delle moschee abusive. O forse si capisce benissimo: ogni comunità vuole la sua, ogni associazione vuole esercitare la propria funzione di guida, anche politica. Non si tratta solo di preghiera, c’è molto di più. E allora, a dispetto di tutti i proclami, si continuano a difendere scantinati, garage e seminterrati. Dove i controlli sono difficili se non impossibili. Vale la pena, a questo punto, raccontare qualcosa di più su Hamza Roberto Piccardo, questa figura centrale dell’islam italiano. E per farlo, dobbiamo spiegare che cosa sia il Partito islamico italiano.



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