Italiani per forza by Dino Messina

Italiani per forza by Dino Messina

autore:Dino Messina [Messina, Dino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2021-03-02T23:00:00+00:00


L’arrivo dei soldati borbonici

Il primo e più consistente gruppo di soldati borbonici arrivò a Fenestrelle la sera del 9 novembre 1860. Erano per la maggior parte prigionieri della battaglia di Capua (2 novembre), che erano stati trasferiti a Napoli e di qui portati a Genova in nave. Il 9 avevano preso un treno sino a Pinerolo e avevano percorso a piedi i 32 chilometri che separano il forte di Fenestrelle dalla stazione ferroviaria. Si trattava di 1.186 soldati semplici e sottufficiali (agli ufficiali era stata concessa la facoltà di tornare provvisoriamente nelle loro case, anche se molti, con sorpresa, dopo poche settimane vennero arrestati dalla Guardia nazionale su indicazione del prefetto di polizia Silvio Spaventa, che sospettava una loro collusione con il brigantaggio). Dal deposito di Genova, dove erano stipati circa 5.000 soldati, che dovevano essere smistati in vista di nuovi arrivi dal Sud, partirono diversi contingenti destinati ai vari dipartimenti: 2.600 diretti a Milano, di cui 1.000 andarono a Bergamo, 1.200 ad Alessandria, circa 1.200 a Fenestrelle, più di un migliaio rimasero nel dipartimento genovese. Attingiamo questi dati dalla minuziosa ricostruzione che ha fatto lo storico Alessandro Barbero in I prigionieri dei Savoia (2012). Nei documenti dello Stato sabaudo i soldati borbonici venivano definiti «prigionieri», anche se l’intenzione di Cavour e dei vertici militari era di rimpinguare l’esercito del nuovo Stato con le truppe dello sconfitto esercito borbonico. I più ottimisti, come Carlo Poerio, immaginavano che il Sud dovesse contribuire alle nuove forze armate con 150mila soldati. In realtà la politica di arruolamento dovette drasticamente ridimensionarsi, ma è un fatto che l’intenzione era di arruolare quei soldati che si definirono «prigionieri» sino alla capitolazione di Gaeta (13 febbraio 1861), quando Francesco II lasciò il suo ormai ex regno per stabilirsi a Palazzo Farnese a Roma, e alle successive rese di Messina (13 marzo) e Civitella del Tronto (20 marzo).

Laceri, affamati, con abiti inadatti al clima, stanchi per il lungo viaggio, demoralizzati per la recente sconfitta, i 1.186 soldati borbonici arrivarono a Fenestrelle a piccoli gruppi tra il pomeriggio del 9 novembre e la mattina del 10. Il comandante del forte, il maggiore Giovanni Graglia, li accolse con preoccupazione e sollecitudine, perché era ben consapevole che lo scopo di quel trasferimento a Fenestrelle non aveva carattere punitivo, ma di contenimento, in vista dei successivi trasferimenti dei soldati ai diversi corpi, in numero non superiore a 250 per un reggimento di fanteria, 150 per l’artiglieria, 100 per la cavalleria, 80 per i bersaglieri, in modo da meglio integrarli nelle varie armi. Ed evitare il pericolo di avere intere divisioni composte da soldati che fino a poche settimane prima avevano militato in un esercito nemico. Venne usata inoltre l’accortezza di non impiegare i soldati borbonici in quei reparti che erano destinati al Sud. Le cose non furono facili come era stato previsto sulla carta ma lo scopo principale era di addestrare, arruolare e integrare. Di punire soltanto se necessario. Per questo erano state date disposizioni di nutrire i soldati sconfitti con lo



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