La civiltà del rinascimento in Italia by Jacob Burckhardt
autore:Jacob Burckhardt [Burckhardt, Jacob]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia
editore: Einaudi
pubblicato: 2013-03-17T23:00:00+00:00
PARTE QUINTA
LA VITA SOCIALE E LE FESTE
Ogni epoca di civiltà , che rappresenti in sé qualche cosa di compiuto e perfetto, non si manifesta soltanto nella vita statale, politica, religiosa, artistica e scientifica di un popolo, ma dà altresì un impronta sua propria all intera vita sociale. Così il medio-evo aveva, a seconda dei diversi paesi, consuetudini di corte e di nobiltà e protocolli ben poco differenti; e similmente le sue peculiari forme di borghesia.
Gli usi nellâItalia del Rinascimento sono la vera antitesi di tali consuetudini sotto tutti i punti di vista più essenziali. Questa antitesi comincia, già alla base, diversa, mentre nei circoli più elevati della vita sociale non esistono più distinzioni di casta, ma si ha invece una classe colta nel senso moderno della parola, nella quale la gentilezza del sangue non ha valore se non in quanto congiunta con ricchezza ereditata ed otium assicurato. Ciò però non deve intendersi in modo assoluto, mentre è pur sempre vero che gli ordini sopravvissuti al medio-evo cercano, ora più ora meno, di prevalere, non fosse altro per conservarsi all altezza, che l aristocrazia mantiene nelle altre nazioni di Europa. Ma la tendenza generale dellâepoca è però manifestamente per la fusione delle classi nel senso moderno.
A tale intento, di sommo rilievo fu la convivenza di nobili e borghesi nella stessa città , per lo meno sino dal secolo XII{712}, poiché per essa vennero accomunate le sorti liete e tristi di tutti e furono tronche le ali, ancora in sul nascere, all insolente albagia dei signori feudali, guardanti con dispregio dallâalto delle loro rocche. Oltre a ciò, la Chiesa in Italia non si indusse mai, come nei paesi settentrionali, a fissare appannaggi speciali pei figli cadetti dell aristocrazia: infatti, se anche i vescovati, i canonicati e le abbazie vi furono spesso conferiti per le ragioni meno degne, questo però non si basò mai esclusivamente sul privilegio dellâorigine, e se i vescovi di regola vi furono molto più numerosi, più poveri e privi affatto di quelle prerogative principesche, che avevano altrove, in compenso mantennero la loro dimora nelle città dove si ergevano le loro cattedrali, e dove, insieme coi loro capitoli, formavano un elemento della popolazione più colta. Quando, dopo ciò, pullularono d ogni parte i principi e le tirannidi, lâaristocrazia ebbe in quasi tutte le città motivo e agio d isolarsi nella vita privata , che, scevra di pericoli dal lato politico e confortata d ogni comodità ed agiatezza materiale, non era in sostanza gran fatto diversa da quella di tanti altri ricchi borghesi delle città . E quando, da Dante, in poi, la nuova poesia e la nuova letteratura divennero patrimonio di tutti{713}, e, più tardi ancora, prevalse una cultura tutta d indole antica, e l interesse dell uomo come uomo, si videro nel fatto i Condottieri diventar principi e non badarsi più non solo alla dignità della prosapia, ma nemmeno alla legittima della nascita , - allora si poté ben credere che una nuova èra di uguaglianza fosse spuntata, ed ogni idea di nobiltà scomparsa per sempre.
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