La Coscienza Di Zeno by Italo Svevo

La Coscienza Di Zeno by Italo Svevo

autore:Italo Svevo [Svevo, Italo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: European, Literary Criticism, Italian, Poetry, Continental European
ISBN: 9788809205260
editore: Giunti Editore
pubblicato: 1994-06-15T15:55:56.156000+00:00


Cosí avrei potuto andarmene sapendo che al mio povero amico si dava tutto quel poco che ancora poteva occorrergli, ma restai per qualche minuto a guardarlo. Avrei amato di sentirmi sgorgare dagli occhi una lacrima sincera di compianto per il poverino che tanto aveva lottato con la malattia fino a tentar di trovare un accordo con essa. - È doloroso! - dissi. La malattia per la quale esistevano tanti farmachi, l'aveva brutalmente ucciso. Pareva un'irrisione. Ma la mia lacrima mancò. La faccia emaciata del Copler non era mai apparsa tanto forte come nella rigidezza della morte. Pareva prodotta dallo scalpello in un marmo colorato e nessuno avrebbe potuto prevedere che vi sovrastasse imminente la putrefazione. Era tuttavia una vera vita che quella faccia manifestava: disapprovava sdegnosamente forse me, l'ammalato immaginario, o fors'anche Carla, che non voleva cantare. Trasalii un momento sembrandomi che il morto ricominciasse a rantolare. Subito ritornai alla mia calma di critico quando m'accorsi che quello che m'era sembrato un rantolo non era che l'ansare, aumentato dall'emozione, del pensionato.

Il quale poi m'accompagnò alla porta e mi pregò di raccomandarlo se avessi conosciuto chi avrebbe potuto aver bisogno di un quartierino come quello.

- Vede che anche in una circostanza simile ho saputo fare il mio dovere e anche piú, molto di piú!

Alzò per la prima volta la voce in cui echeggiò un risentimento ch'era senza dubbio destinato al povero Copler che gli aveva lasciato libero il quartiere senza il debito preavviso. Corsi via promettendo tutto quello che voleva.

Da mio suocero trovai che la compagnia s'era messa in quel momento a tavola. Mi domandarono delle notizie ed io, per non compromettere la gaiezza di quel convitto, dissi che il Copler viveva tuttavia e che c'era dunque ancora qualche speranza.

A me parve che quell'adunanza fosse ben triste. Forse tale impressione si fece in me alla vista di mio suocero condannato ad una minestrina e ad un bicchiere di latte, mentre attorno a lui tutti si caricavano dei cibi piú prelibati. Aveva tutto il suo tempo libero, lui, e lo impiegava per guardare in bocca agli altri. Vedendo che il signor Francesco si dedicava attivamente all'antipasto, mormorò:

- E pensare che ha due anni piú di me!

Poi, quando il signor Francesco giunse al terzo bicchierino di vino bianco, brontolò sottovoce:

- È il terzo! Che gli andasse in tanto fiele!

L'augurio non m'avrebbe disturbato se non avessi mangiato e bevuto anch'io a quel tavolo, e non avessi saputo che la medesima metamorfosi sarebbe stata augurata anche al vino che passava per la mia bocca. Perciò mi misi a mangiare e a bere di nascosto. Approfittavo di qualche momento in cui mio suocero ficcava il grosso naso nella tazza del latte o rispondeva a qualche parola che gli era stata rivolta, per inghiottire dei grossi bocconi o per tracannare dei grandi bicchieri di vino. Alberta, solo per il desiderio di far ridere la gente, avvisò Augusta ch'io bevevo troppo. Mia moglie, scherzosamente, mi minacciò coll'indice. Questo non fu male ma fu male perché cosí non valeva piú la pena di mangiare di nascosto.



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