La giustizia dei vincitori. Da Norimberga a Baghdad (2014) by Danilo Zolo
autore:Danilo Zolo [Zolo, Danilo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-06-26T22:00:00+00:00
4. La guerra globale preventiva
1. La guerra antica
L’idea che la guerra possa essere non solo giusta ma «santa» – combattuta per eseguire la volontà di Dio, secondo la sua rivelazione e sotto la sua guida – è antica quanto lo sono le religioni monoteistiche del Mediterraneo. Sono celebri le pagine della Bibbia, in particolare del Deuteronomio, dalle quali emerge la dottrina della «guerra santa» – la «guerra santa obbligatoria» (milchemet mitzvà) – come guerra di annientamento dei nemici del popolo di Dio. La guerra santa non è una guerra come le altre, combattuta per interessi e obiettivi particolari: è una guerra teologica e salvifica e come tale non è sottoposta a limiti di carattere morale o giuridico. La sconfitta del nemico, la distruzione delle sue città, delle sue mandrie e dei suoi campi, lo sterminio della popolazione, nessuno escluso, la mutilazione dei cadaveri, sono gesti sacri che adempiono un disegno divino. Lo spargimento del sangue dei nemici è il sigillo sacrificale che, attraverso la mediazione di Mosè e di altri capi ebrei, lega Jehovah al suo popolo e viceversa1.
La dottrina ebraica della guerra santa, come è noto, ha influenzato le teologie della guerra elaborate da cattolici, musulmani e cristiani riformati, sino ai nostri giorni2. Il monoteismo cattolico – da Agostino di Tagaste al Decretum Gratiani, a Tommaso d’Aquino, agli scolastici spagnoli come Francisco de Vitoria, Francisco Suárez e Juan Ginés de Sepúlveda – ha in parte accolto e in larga parte rielaborato in chiave moralistica l’idea vetero-israelitica della guerra santa. Ne è nata la dottrina del bellum justum, una dottrina che teologi e moralisti occidentali hanno riproposto per oltre un millennio e che il magistero della Chiesa romana ha costantemente confermato (anche in occasione della recente «guerra umanitaria» della NATO contro la Repubblica federale jugoslava3).
La «guerra giusta» non è una guerra direttamente voluta da Dio, una guerra che i fedeli conducono per obbedienza alla volontà divina. Più semplicemente, è una guerra lecita perché è condotta nel rispetto delle regole morali dettate dall’autorità religiosa. Messi bruscamente da parte i princìpi evangelici della mitezza e della carità, la teologia cattolica legittima lo spargimento del sangue. L’intenzione dichiarata è di autorizzare i cristiani a combattere le guerre giuste decise dalle legittime autorità politiche e, nello stesso tempo, di contribuire a limitare e addolcire la guerra, imponendo ai re cristiani di condurre solo guerre giustificate da buone ragioni e di combatterle con mezzi leciti.
La limitazione morale doveva riguardare anzitutto le «cause» che potevano giustificare l’inizio della guerra (il cosiddetto jus ad bellum): ad esempio la difesa contro un’aggressione o la riconquista di territori sottratti ingiustamente, o la punizione dell’aggressore. Inoltre, la guerra doveva essere voluta e decisa dall’autorità competente con «retta intenzione» ed avere finalità di pace. Anche la condotta delle ostilità doveva essere «giusta» (jus in bello). I militi cristiani erano tenuti a risparmiare la vita e i beni dei non combattenti e a rispettare un criterio di proporzione fra i giusti obiettivi della guerra e il sacrificio di vite umane che essa inevitabilmente comportava4.
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