La signora di Milano. Vita e passioni di Bianca Maria Visconti by Daniela Pizzagalli
autore:Daniela Pizzagalli [Pizzagalli, Daniela]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Historical, History, General, Europe, Renaissance
ISBN: 9788817000680
Google: 6xLQPQAACAAJ
editore: BUR
pubblicato: 2022-01-25T23:00:00+00:00
Capitolo XVIII: «Da chi
potevo io meglio sperare
aiuto e conforto?»
L'agosto del 1464 non portò soltanto eventi luttuosi: a Milano fu
celebrato il matrimonio, rimandato da tredici anni, tra Drusiana
Sforza e Giacomo Piccinino, il quale grazie all'interessamento del
suocero era stato assunto da Ferdinando d'Aragona con il
ragguardevole ingaggio di centomila fiorini.
Non molto tempo prima, lo Sforza aveva dichiarato: «Piuttosto che
dare Drusiana al conte Giacomo vorrei che fosse cacciata in fondo a
una torre a pane e acqua o gettata in un pozzo e annegata». Parole
che potrebbero far apparire una tragica messa in scena la successiva
concessione delle nozze: un tranello concertato con l'Aragona per
stanare il Piccinino e convincerlo ad accettare l'insidiosa esca
della condotta napoletana.
Ma forse era stata l'azione diplomatica di Bianca Maria, come si
disse, a «convertire l'animo del duca da tanto odio a tanto amore».
Da parte di Giacomo fu comunque un atto di coraggio e di fiducia,
forse di incoscienza, mettersi nelle mani di quello che era stato il
suo peggior nemico; e non si può dire che non fosse stato messo in
guardia sui rischi che correva andando a Milano. Lo raccontava lo
stesso Francesco Sforza a suo figlio Tristano: «In questa venuta del
conte Giacomo è una cosa incredibile le ambasciate che gli sono state
fatte, i messi segreti e le lettere senza nome che gli sono state
mandate, che si guardasse e pensasse molto bene, che come veniva in
casa nostra lo avremmo fatto avvelenare o ammazzare o prendere, le
quali lettere il conte Giacomo ce le mandò. E tutte queste arti
furono usate affinché non venisse qui da noi, invece è venuto e
l'abbiamo veduto volentieri e gli abbiamo dato nostra figliola per
sua donna, e fattogli quello onore e carezze che a un proprio
figliolo».
Il condottiero era arrivato il 12 agosto fra l'entusiasmo della
popolazione che, scandendo il grido di «Braccio! Braccio!», sembrava
commemorare i tempi della Repubblica Ambrosiana, quando il Piccinino
era al servizio del governo comunale:
Era del popol tanta manifesta
letizia, che gridavan - Braccio! Braccio! -
tanto che forse al duca fu molesta.
Quello fu forse cagion del duro laccio
che seguitò...
Secondo il poeta Lorenzo Spirito, autore di un poemetto
commemorativo in onore di Giacomo Piccinino, lo Sforza sarebbe stato
infastidito dalle manifestazioni di tripudio dei milanesi e per
questo si risolse a favorire le trame di Ferdinando d'Aragona, che
aveva giurato di eliminare il turbolento condottiero.
E' possibile che Francesco si sia adombrato di fronte al successo
del genero, non tanto per gelosia personale, ma per timore che alla
sua morte il Piccinino, ostile a Galeazzo, fosse tentato di
approfittare del favore popolare per soddisfare la propria ambizione.
Il duca, tuttavia, non lasciò trapelare alcun risentimento; anzi,
riferiscono le cronache, accolse Giacomo «come un Imperatore».
Le nozze, celebrate il 13 agosto, non poterono svolgersi con troppo
fasto per rispettare il lutto assunto dalla corte in memoria di
Cosimo de' Medici, ma l'entità della dote di Drusiana e la dovizia
del suo corredo manifestavano l'alta considerazione riservata a quel
matrimonio.
Drusiana, la prediletta tra le figlie naturali, godeva già di un
trattamento economico privilegiato: disponeva infatti di un
appannaggio personale, una prerogativa di cui usufruivano solo
Galeazzo e Ippolita, mentre gli altri figli, anche legittimi, avevano
una dotazione comune che Bianca Maria suddivideva secondo le
necessità . Il suo corredo
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