La specie imprevista. Fraintendimenti sull'evoluzione umana by Henry Gee

La specie imprevista. Fraintendimenti sull'evoluzione umana by Henry Gee

autore:Henry Gee
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2023-07-03T00:00:00+00:00


Poiché il comportamento di una creatura estinta non si si può ricavare, con qualche pretesa di attendibilità, solo da un esame di quello che resta delle sua ossa, la definizione stessa di quella creatura, scoperta come fossile ma classificata poi in base ai comportamenti che si presume avesse tenuto in vita, diviene discutibile. I fossili di cui disponiamo sono frammentari. Un dibattito si è acceso in merito al fatto se ci sia una sola specie di primi Homo, Homo habilis, o se ce ne siano due, l’altra rappresentata da Homo rudolfensis, nome attribuito a un cranio scoperto nel 1972 a Koobi Fora, sulla riva orientale del lago Turkana, in Kenya, da Bernard Ngeneo - membro del gruppo di ricerca guidato dal figlio di Leakey, Richard40. Una terza specie di Homo originario si aggiunse nel 1977, con la scoperta di un cranio a Sterkfontein, un sito famoso per le sue australopitecine. Il cranio era stato inizialmente catalogato come Homo habilis, ma è poi stato ribattezzato come Homo gautengensis41.

Il problema è che il reperto di cui disponiamo per Homo habilis - il fossile usato per dare il nome alla specie - consiste in un osso di mascella con denti e quello che abbiamo per Homo rudolfensis è un cranio, completo per molti aspetti, ma privo di denti e mascella. Questo significa che non c’è alcun modo per comparare direttamente le due specie, sicché ogni decisione in merito al loro status deve essere presa seguendo una via più tortuosa, comparandole indirettamente, mediante il raffronto con altri fossili, i quali però, a loro volta, potrebbero dare adito a qualche problema di interpretazione42. La confusione si accresce ulteriormente per la possibilità che le specie dei primi Homo, tutte quante, una per una, siano in realtà australopitecine e assolutamente non Homo. Le tenebre si infittiscono per la complessiva nebulosità della definizione dei caratteri che dovrebbero assicurare a un ominino l’attribuzione dell’appartenenza a Homo - ma soprattutto per una generale mancanza di testimonianze fossili. Dopo quasi un secolo di continui sforzi, la documentazione fossile di cui disponiamo sugli ominini è troppo esile per consentirci di dire qualcosa di definitivo sulle origini e sulle caratteristiche generali dei primi membri del nostro stesso genere, Homo.

Alcuni scienziati, in particolare Bernard Wood della George Washington University di Washington, D.C., hanno osservato che queste prime specie di Homo sono sufficientemente arcaiche e troppo simili alle australopitecine - al punto da far ritenere che la loro inclusione nel genere Homo non faccia che renderne la definizione più complicata di quanto già non sia43. Wood preferisce assegnarle alle australopitecine, simili per molti versi ad Australopithecus africanus - un’altra specie che è stato difficile definire, dato che il nome fu coniato inizialmente per riferirsi a un esemplare molto giovane e non a un adulto, in cui la piena espressione dei tratti distintivi della specie è più chiaramente visibile. La situazione si è ulteriormente ingarbugliata con la descrizione dettagliata di due scheletri, parziali, di un’australopitecina di Malapa, una caverna vicina a Sterkfontein44. L’ominino, che venne denominato



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