La Tregua by Primo Levi

La Tregua by Primo Levi

autore:Primo Levi [Levi, Primo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2012-08-08T22:00:00+00:00


VERSO NORD

Nei pochi giorni che trascorremmo a ëmerinka ci riducemmo alla mendicità; il che, in quelle condizioni, non aveva in sé nulla di particolarmente tragico, di fronte alla molto più grave prospettiva della partenza imminente per una destinazione sconosciuta. Privi come eravamo del talento estemporaneo di Gottlieb, avevamo subito in pieno l’urto della potenza economica superiore dei «rumeni»: questi potevano pagare qualunque merce il quintuplo, il decuplo di noi, e lo facevano, perché anche loro avevano esaurito le scorte alimentari, e anche loro intuivano che si partiva per un luogo in cui il denaro avrebbe contato poco, e sarebbe stato difficile conservarlo.

Ci eravamo accampati alla stazione, e ci inoltravamo spesso nell’abitato. Case basse, ineguali, costruite con curioso e divertente sprezzo della geometria e della norma: facciate quasi allineate, muri quasi verticali, angoli quasi retti; ma qua e là qualche lesena che arieggiava una colonna, con pretenzioso capitello a volute. Spessi tetti di paglia, interni affumicati e bui, in cui si intravvedeva l’enorme stufa centrale con su i pagliericci per dormirci, e le icone nere in un angolo. A un quadrivio cantava un cantastorie, gigantesco e canuto, scalzo: fissava il cielo con occhi spenti, e a intervalli chinava il capo e si segnava croci col pollice sulla fronte.

Nella via principale, inchiodata su due paletti infissi nel suolo fangoso, era una tavola di legno su cui era dipinta l’Europa, ormai sbiadita per i soli e le piogge di molte estati. Doveva aver servito per seguirvi i bollettini di guerra, ma era stata dipinta a memoria, come vista da una lontananza estrema: la Francia era decisamente una caffettiera, la penisola iberica una testa di profilo, col naso che sporgeva dal Portogallo, e l’Italia un autentico stivale, appena appena un po’ obliquo, con la suola e il tacco ben lisci e allineati Nell’Italia erano indicate solo quattro città: Roma, Venezia, Napoli e Dronero.

ëmerinka era un grosso villaggio agricolo, in altri tempi luogo di mercato, come si poteva dedurre dalla vasta piazza centrale, in terra battuta, con numerose file parallele di barre di ferro atte a legarvi il bestiame per la cavezza. Ora era rigorosamente vuota: solo, in un angolo, all’ombra di una quercia, era accampata una tribú di nomadi, visione scaturita da millenni lontani.

Uomini e donne, erano coperti di pelli di capra, serrate contro le membra da corregge di cuoio: portavano ai piedi calzari di scorza di betulla. Erano più famiglie, una ventina di persone, e la loro casa era un carro enorme, massiccio come una macchina da guerra, fatto di travi appena squadrate e commesse a incastro, poggiato su poderose ruote di legno piene: dovevano aver pena a trainarlo i quattro cavalloni pelosi che si vedevano pascolare poco oltre. Chi erano, donde venivano e dove andavano? Non sapevamo: ma in quei giorni li sentivamo singolarmente vicini a noi, come noi trascinati dal vento, come noi affidati alla mutabilità di un arbitrio lontano e sconosciuto, che trovava simbolo nelle ruote che trasportavano noi e loro, nella stupida perfezione del cerchio senza principio e senza fine.



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