L'alieno e il pipistrello. La crisi della forma nel cinema contemporaneo by Gianni Canova

L'alieno e il pipistrello. La crisi della forma nel cinema contemporaneo by Gianni Canova

autore:Gianni Canova [Canova, Gianni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2022-01-13T23:00:00+00:00


3.2. Archetipi

Intorno alla metà degli anni cinquanta, riflettendo sulla dimensione antropomorfa che la fantascienza e la cultura popolare di quel periodo attribuivano alla figura dell’alieno – identificato tout court con il marziano – Roland Barthes notava come uno dei caratteri costanti di ogni mitologia piccolo borghese risiedesse nella totale incapacità di immaginare l’Altro. “L’alterità” scriveva lo studioso francese “è il concetto che più ripugna al buon senso”7 al punto che il “controllo sociale” dell’Altro si esprimeva allora, nel cinema come nella cultura di massa, attraverso un atto di appropriazione e di ridefinizione morfologica che lo rendeva in tutto e per tutto omologo all’Identico.

Ma era una rimozione destinata a non durare. Finita la breve stagione dell’ottimismo neocapitalistico, e crollata l’illusione che fosse possibile assorbire ogni forma di alterità grazie agli effetti salutari di una razionalità tecnologica capace di appagare i bisogni e di livellare o occultare le differenze, l’immaginario occidentale riscopriva – già a partire dalla seconda metà degli anni settanta – un brusco e violento “ritorno del rimosso”: l’Altro riemergeva con effetto-choc da sotto la crosta di una ratio indebolita e squassata dai conflitti del decennio precedente, coagulava su di sé le angosce persecutorie dell’estraneità e trovava nella figura “mostruosa” di Alien il segno forte di una rinnovata mitologia del negativo.

Un simile “ritorno”, del resto, era per molti versi prevedibile e perfino inevitabile: come ha scritto lucidamente Giorgio Mereu, l’immagine dell’Alieno nella cultura occidentale si colloca in “un’area fantasmatica che diviene tanto più mostruosa e informe quanto più viene meno la possibilità d’individuare all’esterno un nemico chiaro e definito”.8 Alien nasce in questo contesto, all’interno di una scena culturale che – già nel corso degli anni ottanta e poi in modo sempre più accelerato e radicale negli anni novanta, dopo la caduta del Muro di Berlino e il crollo della struttura bipolare dell’ordine mondiale – sperimenta con angoscia la sindrome dell’eclisse del nemico: privata di un oggetto esterno su cui scaricare e a cui attribuire la responsabilità delle proprie paure persecutorie, la società occidentale le proietta in un mostruoso “fantasma circolante, senza forma o confini”,9 a cui dà tout court il nome archetipo di Alien.

Nato nel 1979 dalla collaborazione di più artisti (gli illustratori Möbius, Chris Foss, Hans Ruedi Giger e Ron Cobb, il regista Ridley Scott, gli sceneggiatori Dan O’Bannon, Ron Shusett, David Giler e Walter Hill),10 Alien incarna nella società occidentale contemporanea l’analogo di ciò che King Kong aveva rappresentato nell’immaginario collettivo degli anni trenta: come la “grande scimmia” del film di Merian C. Cooper ed Ernest Schoedsack, anche Alien viene prelevato da un luogo “altro” (l’isola esotica a est di Sumatra nel film del 1933, il pianeta misterioso nel film di Ridley Scott) per essere trasportato nel cuore della civiltà occidentale. Non solo: come King Kong, anche Alien fa rivivere l’archetipo della Bella e la Bestia, e finisce per essere sconfitto non dalla tecnologia o dall’arsenale bellico dispiegato contro di lui, quanto dal fascino della bellezza e dalla sua ossessione desiderante per una donna. Le stesse origini di Alien, del resto, richiamano quelle di King Kong.



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