landi antonella by storia della letteratura italiana

landi antonella by storia della letteratura italiana

autore:storia della letteratura italiana [italiana, storia della letteratura]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2017-08-29T16:00:00+00:00


"Buttato giù da una rupe?” trasecolò Silvia, quando lo seppe. E, come spesso accade agli esseri umani, s’accorse di amare quella persona quando prese coscienza di non avere più la possibilità di essere contraccambiata.

"Povera me, che bischera sono stata: mi amava, mi aveva anche salvata da una violenza carnale, mi avrebbe sposata, adorata e protetta per tutto il resto della vita, sarebbe andato a fare la spesa, avrebbe cucinato per me, avrebbe anche pulito la casa... “

"Sì, e poi?” la interruppe Dafne.

”...e poi avremmo messo al mondo dei bambini, saremmo andati al multisala la domenica pomeriggio e a Marina di Bibbona per le vacanze estive.”

"Allora è meglio che sia morto” la interruppe nuovamente l’amica.

In quel momento giunsero altri pastori che, eccitatissimi e sudati per la corsa appena fatta, dissero a Silvia che, no! Aminta non era morto, che, sì! si era salvato, che, pensa! un cespuglio aveva attutito la sua caduta dalla rupe e che, davvero! a parte qualche graffio (ma nulla di grave) stava proprio bene e la mandava a salutare.

"Questo è culo” esclamò Dafne.

"Oioi che bella notizia! Ciò vuol dire che nel mio futuro sono scritti un marito, dei figli, tante domeniche in compagnia di Carlo Vanzina e un mese all’anno di vacanze sul Tirreno!” cinguettò Silvia.

E infatti andò proprio così.

Povero Aminta.

E povero Tasso, che nella sua vita patì come una bestia e non trovò mai, pur cercandola strenuamente, la pace con se stesso. Ancora oggi, quando cammino per le strade, le persone che attirano di più la mia attenzione sono quelle che il mondo definisce brevemente "pazze” I pazzi mi affascinano, perché la follia ha in sé un segreto a cui anch’io vorrei arrivare e i folli hanno in tasca la chiave per capire dove vada il mondo e dove andiamo noi, che gli corriamo dietro come ciechi pieni di ingiustificabile fiducia.

Come si fa, oggi, ad avere fiducia nel futuro, a credere che l’umanità sia indirizzata verso una meta positiva?

E come si faceva, alle soglie del Seicento, a dare credibilità al mondo che ci circondava? Come si faceva a scommettere sull’uomo?

L’uomo vestiva abiti lunghi, pesanti, elaborati e credeva ancora nelle streghe. Era superstizioso, ignorante, miope e castrante. Il potere era nelle mani dei meno illuminati, che facevano e disfacevano come meglio gli pareva.

Quasi nulla era rimasto di quei duecento anni in cui ci s’era illusi (io per prima, che ero amica - lo ricorderete - di un magnifico mecenate) di poter cambiare l’universo, dandogli una lettura per la prima volta laica e slegata dal potere spirituale.

Nel Seicento la Nostra Madre Chiesa si riappropria arbitrariamente di un potere che non spetterebbe a lei, e decide le regole del gioco.

Regola numero uno: che nessuno provi a dire che Martin Lutero era nel giusto e la sua denuncia della corruzione clericale motivata.

Regola numero due: che nessuno osi mettere in discussione i dogmi del cattolicesimo, pena la persecuzione di quelli che tornavano a essere indicati come "eretici”

Regola numero tre: che nessuno sia così stupidamente temerario da sostenere l’inutilità dell’intermediazione della Chiesa all’interno del dialogo tra l’uomo e Dio.



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