L'antico regime e la Rivoluzione by Alexis de Tocqueville

L'antico regime e la Rivoluzione by Alexis de Tocqueville

autore:Alexis de Tocqueville [Tocqueville, Alexis de]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Scienze Politiche, Generica
ISBN: 9788858611104
Google: UjVKUID8_QgC
editore: Bur
pubblicato: 2010-10-12T22:00:00+00:00


CAPITOLO III

FRANCESI abbiano voluto le riforme

prima di volere la libertà

FRA TUTTE LE IDEE e tutti i sentimenti da cui fu preparata la rivoluzione francese, è cosa degna di nota che l’idea e l’amore della libertà pubblica propriamente detta si siano presentati per ultimi come sono stati i primi a scomparire.

Da molto tempo si era cominciato a scuotere il vecchio edificio del Governo; traballava già, e ancora non si parlava di essa. Voltaire vi pensava appena; tre anni di soggiorno in Inghilterra gliela avevano fatta conoscere senza fargliela amare. La filosofia scettica liberamente predicata fra gli Inglesi lo entusiasmò; le loro leggi politiche poco lo commossero: ne notò più i vizi che le virtù. Nelle sue lettere sull’Inghilterra, che sono uno dei suoi capolavori, il parlamento è la cosa di cui scrive meno; in realtà invidia soprattutto agli Inglesi la loro libertà letteraria, senza troppo curarsi della loro libertà politica, come se la prima potesse sussistere mai a lungo senza la seconda.

Verso la metà del secolo comincia ad apparire un certo numero di scrittori che si occupano specialmente delle questioni di pubblica amministrazione e ai quali molti principi simili hanno fatto dare il nome comune di economisti o fisiocrati. Gli economisti hanno avuto nella storia minor fama dei filosofi; e meno di questi forse hanno contribuito all’avvento della rivoluzione; credo tuttavia che la sua vera natura possa soprattutto essere studiata nei loro scritti. In materia di governo, i filosofi non sono usciti affatto da idee molto generali e molto astratte; gli economisti, senza abbandonare le teorie, sono tuttavia scesi più vicini ai fatti. Gli uni hanno detto quanto poteva essere immaginato, gli altri hanno qualche volta indicato quel che bisognava fare. Tutte le istituzioni che la rivoluzione doveva abolire per sempre sono state particolarmente combattute da loro, senza far grazia a nessuna. Tutte quelle, invece, che poterono passare per opera sua, gli economisti le hanno annunciate in anticipo o preconizzate con fervore; a stento potrebbe citarsene una il cui germe non sia stato deposto nei loro scritti, dove si trova tutto quanto vi è in essa di più sostanziale.

Inoltre è già riconoscibile nei loro libri il carattere rivoluzionario e democratico che conosciamo bene; essi non odiano soltanto certi privilegi, ma ogni differenza; adorano l’eguaglianza fin nella schiavitù. Quanto intralcia i loro piani è buono soltanto ad essere spezzato. I contratti ispirano loro poco rispetto; i diritti privati, nessun riguardo. O piuttosto, a parlare chiaramente, non esistono già più ai loro occhi diritti privati, ma solo l’utilità pubblica. Eppure essi sono, in genere, uomini d’abitudini miti e tranquille; uomini per bene, magistrati onesti, abili amministratori. Ma lo spirito proprio dell’opera loro li trascina.

Per il passato, gli economisti hanno un disprezzo senza limiti. «Da secoli la nazione è governata da falsi principi; tutto sembra esservi fatto a caso», dice Letronne. Partendo da quest’idea si mettono all’opera; e non v’è istituzione, sia pure antica e apparentemente ben fondata nella nostra storia, di cui non domandino l’abolizione, per poco che essa disturbi o alteri la simmetria dei loro piani.



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