L'arca dei suoni originari by David Monacchi

L'arca dei suoni originari by David Monacchi

autore:David Monacchi [Monacchi, David]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Ventiquattr’ore nel museo vivente

Finalmente, il decimo giorno l’attesa estenuante si conclude. La pioggia smette e quello che mi trovo attorno è incredibile. L’attività degli anfibi è spaventosa, decine e decine di specie di insetti producono suoni dalle morfologie impensabili. È il trionfo della diversità acustica, della fantasia dell’evoluzione, un paradiso di suoni antichi, prodotti da talmente tante specie che non riesco ad annotarle né classificarle. Sono troppe! Ognuna radicalmente diversa dalle altre! L’unica cosa che mi aiuta ad avere un’impronta percettiva è il fatto che ogni specie genera un solo gesto sonoro, come una sorta di firma acustica della sua esistenza, un segno nello spazio impermanente.

Quello che letteralmente mi ammutolisce sono alcune specie di grillo-talpa. Scavano nella terra, sfruttando la friabilità dell’argilla che la pioggia ha reso malleabile, e si infilano nel fondo del buco a emettere il loro canto di corteggiamento. La cosa sorprendente è che i buchi vengono costruiti esattamente come vere trombe esponenziali. La tromba esponenziale, se realizzata secondo le giuste misure, è il miglior amplificatore che esista in natura: è la stessa tromba che trovate in alcuni tweeter degli altoparlanti dei vostri impianti stereo, o più specificamente negli altoparlanti a lunga gittata che si usano nei concerti all’aperto.

Cosa hanno capito questi grilli? Che costruendo una tromba esponenziale nella terra dopo la pioggia copiosa, e mettendosi a cantare dal fondo, avrebbero catturato le femmine di passaggio; le sventurate, intontite, cadono nella tromba dove il grillo è lì, pronto all’attacco. I loro suoni sono veramente tremendi, un’intensità sonora molto alta, che in campo ravvicinato può raggiungere facilmente la soglia del dolore, 115-120 dB. Accostando il microfono a quei buchi, la sera, scopro che si tratta di una serie armonica costante in alta frequenza, che dura per circa quarantacinque minuti senza interruzione. Un fenomeno sorprendente che, in ragione della sua efficienza acustica e del suo successo nell’accoppiamento, la selezione naturale ha tramandato probabilmente già da milioni di anni, molto prima che la nostra specie comparisse con il suo orecchio analitico.

Ghani diventa la mia guida e intuisce subito che il nostro primo obiettivo è sfuggire al rumore del generatore di corrente della stazione, che sta acceso diverse ore al mattino e nel tardo pomeriggio fino alla sera. Come al solito, per capire cosa succede, durante la giornata faccio diverse uscite, con sessioni di registrazione di due, tre ore al massimo. Il primo giorno, scavallando la collina, riusciamo effettivamente ad arrivare in un’area dove il generatore non si sente. Ghani resta più a monte e io scendo di qualche decina di metri. Piazzo due sistemi microfonici, metto un telo di plastica a terra per appoggiare i registratori e mi dedico all’ascolto in cuffia. Intorno a me inizia lentamente il dusk chorus, ma quello che succede è che sento un forte dolore di puntura improvvisa nella coscia. Salto letteralmente per il dolore e per lo spavento. Un male bestiale in tutta la gamba, mi pare: per qualche secondo temo mi abbia morso un serpente e sono spaventato a morte. Ghani però ridacchia e capisco che non dev’essere nulla di serio.



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