L'evasione fiscale by Alessandro Santoro

L'evasione fiscale by Alessandro Santoro

autore:Alessandro Santoro [Santoro, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economia, Farsi un'idea
editore: il Mulino
pubblicato: 2010-04-14T22:00:00+00:00


«Ma se i controlli non si fanno…»

In sintesi, non sembra proprio che l’evasione italiana possa essere semplicemente addebitata alla scarsa severità delle leggi nostrane. Del resto, la relazione tra ammontare delle sanzioni e probabilità dei controlli non è del tutto lineare, nel senso che non esiste una completa sostituibilità tra questi due elementi, come pur farebbe pensare l’astratta formulazione della teoria dell’evasione, quantomeno nella sua versione tradizionale. Secondo quest’ultima, la scelta dell’individuo dipende dal valore atteso dell’evasione, cioè dal prodotto della probabilità della sanzione moltiplicata per il suo ammontare. In linea di principio, quindi, lo Stato potrebbe aumentare la deterrenza sia aumentando le sanzioni sia aumentando i controlli, cioè la probabilità che le sanzioni siano effettivamente applicate.

Si deve allora pensare che sia il basso numero dei controlli effettuati sui contribuenti italiani ad aver determinato la loro storica maggior propensione all’evasione? L’idea potrebbe essere questa: il problema non è che mancano le sanzioni, ma che troppi pochi contribuenti effettivamente le subiscono perché i controlli scarseggiano. Anche questa visione delle cose contiene qualche elemento di verità, soprattutto per alcune fasi della nostra storia, ma non può essere generalizzata e soprattutto non può essere proposta come l’unica e risolutiva spiegazione.

Una delle cause più spesso ricordate del fallimento, o quantomeno del mancato raggiungimento di molti degli obiettivi, della riforma del 1973, è la mancanza di un’adeguata preparazione dell’amministrazione finanziaria che la doveva gestire. Illuminante al riguardo è una comunicazione dell’allora ministro delle Finanze Filippo Maria Pandolfi, resa il 9 novembre del 1977 alla Commissione finanze e tesoro della Camera dei deputati, sulle procedure e i risultati dell’accertamento tributario e sugli scompensi originati dalla mancata fase di accompagnamento della riforma di pochi anni precedente:

un primo scompenso, rispetto alle previsioni, riguarda l’estensione dell’area dei contribuenti nel nuovo ordinamento, in confronto all’estensione che si aveva precedentemente: nel 1973 avevamo 4,8 milioni di contribuenti […], nel 1974 abbiamo registrato ben 22 milioni e 753.000 contribuenti […] questo passaggio da un sistema tributario a base ristretta ad un altro a base di massa ha prodotto sul piano politico e culturale degli effetti non dissimili da quelli che si sono avuti quando il sistema scolastico è passato da una strutturazione d’élite, generando problemi molto seri ed imponenti.

A dire il vero, i problemi connessi al passaggio da un sistema di tassazione a base ristretta a un sistema di tassazione a base di massa sono stati non solo culturali e politici ma anche, e non meno importanti, amministrativi. Un’amministrazione che passa dalla gestione di pochi milioni a oltre 20 milioni di dichiarazioni senza esservi adeguatamente preparata non può che reagire cercando di applicare criteri di selezione del tutto discrezionali e, data la mancata programmazione, improduttivi. Non sorprende quindi che, nel 1980, Reviglio, proprio in occasione della pubblicazione del «libro rosso», lamentasse la «limitata quantità e scadente qualità degli accertamenti compiuti».

Anche in questo caso, l’analisi comparata della situazione italiana con quella degli altri paesi permette di chiarire meglio come stanno le cose. Nel momento in cui si passa a un sistema di tassazione



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