Matisse e il Mediterraneo by Giuliano Serafini

Matisse e il Mediterraneo by Giuliano Serafini

autore:Giuliano Serafini [Serafini, Giuliano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2014-03-10T23:00:00+00:00


17 Id., ivi

18 Id., in G. Desvalliéres, Matisse, in “La grande Revue”, Parigi, dicembre 1908.

19 M. A. Couturier, Se garder libre, Parigi 1962.

20 G. Desvallières, in R. Labrusse, J. Munck, Matisse-Derain - La vérité du Fauvisme, cit. (cfr. nota 6).

LA BAIA DEGLI ANGELI

Nel 1914, allo scoppio della guerra, non potendo essere mobilitato (malgrado l’avesse richiesto), Matisse rientra con la famiglia a Collioure dove realizza l’emblematico Porta-finestra a Collioure, un quadro che si discosta da tutto il suo repertorio pittorico. È una veduta che si apre su un abisso buio e angosciante come un sipario calato, ma è anche il suo unico contributo alla follia che stava travolgendo l’Europa e il mondo.

Nei due anni successivi è a Parigi e non torna sulla costa. Nel frattempo la carriera cresce con ritmo intenso: ci sono l’Armory Show a New York, la Sezession a Berlino, la personale alla Montross Gallery, ancora a New York. Il richiamo del Sud non tarda però a farsi sentire. E l’età più matura anche, se d’ora in avanti quel bisogno di luce non potrà fare a meno dei comfort e dei riti urbani. Questa volta l’approdo è Nizza, la Baie des Anges. Siamo nell’inverno del 1916. All’inizio è solo per fuggire dal mistral di L’Estaque, quel vento freddo che gli aveva provocato una bronchite. Comincia a installarsi in albergo, al Beau Rivage nel quai du Midi, dove resterà per una stagione.

Non è un caso che tra i primi dipinti di questo nuovo periodo del Sud ci sia Marocchini, quasi a voler riprendere il filo della conversione estetica vissuta a Tangeri. Un ricordo che l’artista elabora con audacia sintetista e geometrizzante, in forte anticipo sul lavoro futuro. Autoritratto, La mia camera al Beau Rivage, Interno con violino, Marguerite col cappotto scozzese svolgono invece il grande tema postimpressionista dell’interno. Ma il racconto che potrebbe tentare la cifra intimista – come era stato per Bonnard e Vuillard – sembra scartare la chiave sentimentale per concentrarsi tutto sul controllo dei piani cromatici scanditi con fluidità e calibrata intelligenza dello spazio. È su questo ordine che lo stile si esercita e raggiunge la sua pienezza. Per conquistarlo, Matisse sa che nessuno strumento se non quello dello sguardo dovrà essere chiamato in causa, anche perché il senso è diventato per lui l’altra faccia dell’emozione: «Voglio arrivare a quel livello di sintesi delle sensazioni che “fa” il quadro. Una volta non lasciavo appesi al muro i miei lavori perché mi ricordavano quei momenti di eccitazione, e a mente fredda non sopportavo di rivederli»21. Con la falcata definizione dello scorcio e la verticale della palma che ne interrompe la curvatura, La baia di Nizza sembra tradurre questa ritrovata congiuntura di ragione ed emozione.

Insieme al critico e collezionista Georges Besson fa nel frattempo visita al vecchio Renoir alla vicina Cagnes-sur-Mer e gli sottopone alcuni quadri che ha portato da Parigi. Su richiesta di Diaghilev, l’impresario dei famosi Balletti russi, esegue le scene e i costumi di Le Chant du rossignol per la musica di Stravinskij.



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