Occidente: Il diritto di strage (Italian Edition) by Ferdinando Camon

Occidente: Il diritto di strage (Italian Edition) by Ferdinando Camon

autore:Ferdinando Camon [Camon, Ferdinando]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B01BKHXNLE
editore: Garzanti
pubblicato: 2016-02-18T00:00:00+00:00


Amare la morte

«Se lei è venuto qui perché soffre, io non posso aiutarla. Ma se è venuto qui perché ha paura, allora si può tentare, forse. Lei... lei ha paura?».

«Ho paura».

«Di sé o degli altri?».

«Della mia morte. Non posso sopportare - fisicamente, psichicamente - l'idea che esista la morte».

«Lei dunque ama la vita?».

«No, non amo la vita. L'unico pensiero che mi aiuti a vivere è che infine potrei uccidermi in qualunque momento: nessuno potrà togliermi questa possibilità».

«Dunque, c'è anche una morte che non la spaventa».

«Ascolti... prima che morisse mio padre, tornò dalla guerra un suo compagno... non ricordo il nome. Del resto, non l'ho mai saputo.

Allora succedeva così: i soldati passavano per la strada, a piedi, ed entravano a dormire nella casa dove c'era qualcuno militare. Era il paese stesso che gliela indicava. Quando passavano i più stanchi, in paese dicevano: "Andate a dormire nella casa dei tali, che hanno un uomo al fronte". Allora il soldato entrava e mangiava senza dir niente, e la donna gli preparava un letto. Così capitò un giorno un soldato nella nostra casa di campagna. Che era un soldato lo si capiva subito: i soldati sconfitti hanno certi occhi ingialliti, e la pelle piena di pustole. Forse i vinti perdono perché sono malati.

Questo soldato entrò in paese e chiese dove abitava mio padre. Capitò in casa nostra e mia madre gli preparò da mangiare in silenzio.

Mentre mangiava, con gli occhi bassi, a un tratto cominciò a parlare, e raccontò il fatto che più lo aveva colpito. Noti bene che aveva fatto la guerra, e doveva aver vissuto esperienze assai più gravi di quella che raccontò. Ma egli scelse proprio quella. Diceva che era con mio padre, ufficiale nei Servizi, e non avrebbero cambiato quel posto neanche se li pagavano. Perché lì erano sicuri. Non combattevano, non sparavano, non si facevano sparare. Io non sono... non sono fiero di mio padre, se combatterò lo farò con onore. Erano a Gorizia, registravano e smistavano le merci di servizio e di rifornimento. Con loro, impiegati tra i servizi sedentari, saranno stati un centinaio. Tutte le mattine, lavorando o girando per le caserme, cercavano di incontrarsi per contarsi, per sapere se qualcuno era stato mandato via. Avevano un presentimento: che se partiva qualcuno dovevano partire tutti. Se passava un giorno che non avevano incontrato qualcuno, lo andavano a cercare di sera o di notte, se no non riuscivano ad addormentarsi. Un giorno il comando del reparto li fa radunare nel cortile della caserma principale, tutti, con zaino e fucile. Immediatamente capiscono che bisogna partire per la prima linea, e ciascuno s'imbosca dove può, per avere cinque minuti per sé, per i suoi: gli ultimi cinque minuti veramente liberi. Era successo che un intero reparto, sul fronte slavo, era stato distrutto. Gli slavi non facevano prigionieri: questo lo si sapeva, erano già state trovate fosse piene di scheletri con l'elmo italiano. Mio padre scrisse una lettera che non arrivò mai. La censura serviva per questo. Qualcuno fece il testamento.



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