Opere Scelte by Carlo Dossi

Opere Scelte by Carlo Dossi

autore:Carlo Dossi
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2013-01-01T05:00:00+00:00


II

PATRIA POTÈSTAS

Per verità, tutti siamo egoisti. La differenza stà solo nei mezzi di soddisfare a tale suìsmo, i quali, chi ha lunga veduta, trova nella beneficenza; non sentendo, vo’ dire, felicità seco, fà in modo che quella ch’egli procura agli altri lo illùmini di riflesso; chi breve, crede cavare dal male, fomentato in altrùi, un lenimento al suo; dal che, tòccanovia quelle due razze di uòmini; una, gaja, ridente, che dispicca le rose coltivate da lei; l’altra, immusonita, instizzita, la quale si punge alle ortiche che seminò. Oh il cielo ne guardi, in quest’ùltimo caso, dai vecchi! La gotta costrìngeli su un seggiolone? come diàvolo il mondo ha ancor baldanza di mòversi? – Perdèttero i denti? màngino tutti la pappa – Incendi Roma, pur che si cuoca il lor ovo… E, per disgrazia, il padre di Aurora – dico disgrazia e di lei e sua propria – apparteneva a costoro.

Al doppio egoista di una sediòla ad un posto, il signor Pietro Morelli non èrasi maritato, che a procurarsi una serva e un materasso da botte, nè avèa messo insieme una figlia se non a preparàrsene un’altra, per quando la prima sarebbe andata fuor d’uso.

Un tiranno, già, suppone un pòpol minchione; e il signor Pietro si era ben scelto il suo pòpolo. Imaginate, che la donna di lui – di quelle pòvere ànime, prive di volontà o senza il coraggio di averne, ànime nate ad ingloriosi martìri – curva sotto il trìplice peso della fatica, della mala salute e della continua ingiuria, usava, a sua maggiore querela, il sospiro; poi, stracca, frusta, avèa, per la paura di contrariare il marito, aspettato e còlto a riposar tra quattr’assi, giusto il momento che la figliuola giungesse a imbracciare da sola il sopràbito al babbo. E Aurora, ànima anch’essa tìmida e per natura e abitùdine, avèa accettata la successione di mamma, tal quale.

Ma di lì a poco, il signor padre o padrone, preso da un mezzo accidente, perdeva le gambe e l’impiego. Cangiò egli allora di tàttica. Il signor Pietro, adesso, aveva bisogno di ajuto, e veramente bisogno, per non èsser più in grado di obbligare gli altri a prestàrgliene: il signor Pietro era vile; credeva che dell’amor della figlia, sebbene (tra noi) potesse stare al sicuro, ci fosse poco a fidarsi; dunque dièdesi a fare la vìttima, a piàngere, a lamentarsi. E la buonìssima Aurora, la quale, a dispetto di ogni rabuffo e d’ogni broncio di lui, l’avrebbe servito a ginocchi, ora ch’ei supplicava, pensate!

Sottile sottile era la pensione sua. Aurora, vogliosa che nel bicchiere di babbo rosseggiàssene sempre del buono, saltò su a dire:

– Darò lezioni d’inglese –

Il signor Pietro fissolla con dubitoso stupore.

– E sai l’inglese… tu? – disse.

– Sì – ella fece timidamente – da un pezzo. Me l’ha insegnato la mia maestra Racheli… Pappà, scusa! – e aggiunse, che la detta maestra, la quale amàvala molto, le offriva…

– No – interruppe il pappà, gentile come un chirurgo.

E tàquero entrambi. No, avvertite, era la sua risposta abituale; sentiva, nel proferirla, uno strano piacere.



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