Peggy Sue e gli Invisibili - Il Castello nero by Serge Brussolo

Peggy Sue e gli Invisibili - Il Castello nero by Serge Brussolo

autore:Serge Brussolo [Brussolo, Serge]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T09:03:05+00:00


Il giardino dell’orrore

Peggy tentò di conservare la calma, ma l’ombra del muro la schiacciava ogni istante di più. Esitava ad avvicinarsi e rimaneva prudentemente ai margini del lungo nastro notturno che bordava la muraglia per tutta la sua estensione.

Le migliaia di processioni rituali che vi si erano svolte avevano scavato il suolo, aprendovi un sentiero. Si distingueva nettamente la strada percorsa dai barellieri, e si vedeva anche, iscritto nella terra, il luogo ove si era soliti deporre i corpi sofferenti. Il peso dei malati si era impresso nell’argilla morbida, disegnando i contorni di un sarcofago approssimativo. Peggy si inginocchiò sul bordo della cavità. L’argilla aveva una consistenza elastica, che ricordava il mastice o la plastilina. Era rosea come carne pallida.

«Sembra viva…» osservò il cane blu. «Somiglia a una bistecca di vitello gigante.

Gnammm! Mi piacerebbe ficcarci un po’ i denti dentro.»

«Non farlo!» ansimò Peggy. «Forse è avvelenata.»

Si rialzò. Era un modo per indurli a fare marcia indietro? Una volontà estranea le si insinuava nell’anima, per spaventarla con visioni da incubo?

Alzò gli occhi. Non aveva ancora raggiunto il muro. Era un bastione alto sei metri, senza nessuna feritoia. La costruzione era opera di dilettanti e lasciava parecchio a desiderare. Peggy Sue non poteva ammettere che avessero volontariamente omesso di aprirvi una porta e si mise a percorrere la struttura, sperando di scovare un passaggio.

La muraglia le rinviava con un leggero ritardo l’eco dei suoi passi, il che finiva per darle l’illusione che qualcuno la seguisse, fermandosi quando lei si fermava e ripartendo quando si rimetteva in cammino. Un essere invisibile…

All’inizio pensò: È stupido, non mi volterò. Poi l’angoscia le si insinuò in petto, crescendo fino a soffocarla, e capì che non poteva più andare avanti senza gettarsi un’occhiata alle spalle per verificare che nessuno la seguisse. Girò bruscamente la testa, sperando di sorprendere qualcosa, ma non vide nulla. Esplorò il suolo con lo sguardo, alla ricerca di tracce di passi lasciate da chi la seguiva. Ma non vide altro che le proprie impronte e quelle del cane blu, impresse nell’argilla elastica.

«Non vuol dire nulla» le sussurrò la voce dell’animale. «La cosa che ci sta pedinando potrebbe spostarsi mettendo i piedi nelle tue orme.»

Questa eventualità parve insopportabile alla ragazza, che ebbe la tentazione di colpire l’aria per verificare che un essere invisibile non le stesse alle spalle, immobile, attendendo saggiamente che si rimettesse in cammino.

«Non è altro che l’eco!» sussurrò il cane blu.

I due amici ripresero la marcia. Giunti all’angolo del muro si arrestarono per un istante. La muraglia virava a novanta gradi e ripartiva verso nord, per una lunghezza di almeno duecento metri. Era come un cimitero perfettamente chiuso, senza alcun ingresso.

«Chi ha costruito questo bastione l’ha fatto con l’intenzione di murarcisi dentro!»

osservò il cane blu. «O non amavano la compagnia degli esseri umani o nascondevano un prigioniero maledettamente pericoloso.»

«Probabilmente hai ragione» sospirò Peggy. «Il problema è che i carcerieri sono morti da tempo… e il condannato invece è sopravvissuto!»



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