Princess by LAUREN Kate

Princess by LAUREN Kate

autore:LAUREN Kate
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978-88-17-05330-3
editore: Abyssinian
pubblicato: 2011-10-01T00:00:00+00:00


Capitolo 10

Segreti e oscuri desideri

«Cenere alla cenere, polvere alla polvere.»

Giovedì pomeriggio, ancora mortificata per esser stata defraudata del mio discorso, ero accanto a Mike nel cimitero dietro la chiesa. Guardammo i portantini calare il corpo di J.B. nella fossa.

«Ogni volta che ci troviamo di fronte a una perdita così tragica e sventurata» tuonò cupo il pastore Clover dal suo gracchiante microfono a clip, «la comunità è letteralmente travolta dal dolore e straziata da una profonda crisi.»

Alzai la testa di colpo, alla parola crisi. Finora il discorso era stato scialbo e retorico. Clover era famoso per i suoi pessimi giochi di parole. Aveva davvero fatto un’allusione alle condizioni di salute di J.B.?

Poi mi chiesi: c’era qualcun altro, oltre alla sua famiglia – e oltre a Mike e me – a conoscenza della sua malattia?

Mi guardai intorno, osservando le persone con il capo chino e le mani giunte, ma non vidi accendersi alcuna scintilla di consapevolezza sui loro visi. Ripensai a Steph Merritt, che si soffiava il naso nel fazzoletto e borbottava qualcosa a proposito delle pillole di J.B.: non conosceva la verità, questo era chiaro. Non riuscivo a comprendere cosa spingesse tutte quelle persone a piangere, da morto, qualcuno che in vita non avevano mai realmente conosciuto.

Lo sguardo mi cadde sul fratello maggiore di J.B., Tommy, che cingeva le spalle della madre in lacrime; per un istante, pensai stesse disapprovando il pastore e il suo sermone. Poi ricominciò a piovere, e un mare di ombrelli neri si aprì sommergendo il funerale. L’odore stantio della plastica bagnata aleggiava, e divenne difficile scorgere qualcosa di più dell’enorme guglia bianca che si ergeva come una pietra miliare davanti a noi.

Nel bagno, prima della cerimonia, stavo lisciandomi la coda di cavallo quando mi ero imbattuta in tre Bambi strette l’una intorno all’altra, scosse dai singhiozzi. Ricordavo con assoluta lucidità di averle viste, il giorno prima, frementi di eccitazione riflessa, assistermi mentre mi avviavo alla carrozza.

Le ragazze del Sud erano ben note per essere sdolcinate, ma quelle della mia scuola avrebbero dovuto depositare un brevetto tutto loro, in materia di artificiosità: erano in grado di cambiare comportamento più velocemente di un vestito senza sembrare mai inappropriate. Tutto dipendeva dalla circostanza e da chi dovevano impressionare.

Avevo alzato gli occhi al cielo esasperata davanti a quello spettacolo melenso, ma in realtà ero frustrata perché anche se lo volevo, per qualche assurdo motivo non riuscivo a impormi di piangere per J.B. A dire la verità non riuscivo a fare praticamente nulla, in quei giorni. Né a rispondere al messaggio assillante di mio padre, ancora in agguato nella casella postale della mia mente, né a godermi l’incoronazione. E per questo dovevo incolpare Mike. Ma la cosa più inquietante era che non riuscivo a sbarazzarmi di quel flacone di pillole.

Non avevo alcuna intenzione di inghiottirle, sia chiaro. Servivano a ricordarmi che ero stata io a ficcarci in quella situazione, e perciò ero io a doverla risolvere.

Ma mentre guardavo gli uomini vestiti di nero gettare palate di terriccio umido sulla bara, facendo



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