PROGRAMMA LUNA: La Risposta Russa alle Missioni Americane (Italian Edition) by Fabio Ippoliti
autore:Fabio Ippoliti [Ippoliti, Fabio]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2019-10-20T22:00:00+00:00
2.3.7Venera
Con ben sedici lanci di sonde spaziali con destinazione Venere, l’Unione Sovietica fu coinvolta, dal 1961 al 1984, allo studio del pianeta più luminoso del nostro sistema solare.
Il 12 febbraio 1961 fu lanciata la sonda “Venera-1” concepita come “Stazione Interplanetaria Automatica” la quale, equipaggiata con una serie di strumenti scientifici per lo studio del campo magnetico, la radiazione cosmica di fondo e il vento solare, perse il contatto radio lungo la traiettoria che l’avrebbe portata a destinazione.
Quattro anni dopo e più precisamente il 12 novembre 1965, è il turno di “Venere-2”, lanciata dal cosmodromo di Baikonur, prima di interrompere anche lei le comunicazioni radio, sfiorò a una distanza di circa 24.000 Km il pianeta, ponendosi in un’orbita eliocentrica.
Solo quattro giorni dopo tocca a “Venere-3” essere lanciata in orbita a bordo di un razzo vettore “Molnija”. Progettata per atterrare in maniera “soft” sulla superficie venusiana, la sonda si distrusse a causa del violento impatto con la superficie del pianeta. Era il 1 marzo 1966 e, anche in questo caso, l’Unione Sovietica ottenne un altro primato: quello del primo oggetto costruito dall’uomo ad atterrare su un altro pianeta.
“Venera-4”, lanciata il 12 giugno 1967 e programmata per studiare l’atmosfera venusiana, era costituita da una “sonda madre” equipaggiata con alcuni spettrometri, un magnetometro, dei sensori di raggi cosmici e alcune trappole per particelle ionizzate da utilizzare per misurare il vento solare e da una “capsula discendente” in cui erano imbarcati strumenti per lo studio dell’atmosfera dal punto di vista fisico (termometri, barometro, altimetro, misuratore di densità).
Il 18 ottobre 1967 la sonda “Venera-4” raggiunse Venere, e mentre i radiotelescopi dell’Osservatorio Britannico “Jodrell Bank” ricevevano correttamente la telemetria, la capsula fu sganciata dalla sonda madre e fatta paracadutare attraverso la sconosciuta atmosfera venusiana: il modulo rispose correttamente durante l'ingresso e intorno ai 25 Km dalla superficie il contatto radio cessò, molto probabilmente a causa delle alte temperature e della micidiale pressione che fu misurata essere di circa ventidue atmosfere intorno a quelle altitudini. Questo primo “morbido” atterraggio, rilevò che la composizione chimica dell’atmosfera è in gran parte composta di anidride carbonica e ciò giustifica anche il fatto che le temperature, nonostante Venere sia più lontano dal Sole di Mercurio (il primo pianeta più vicino alla nostra stella) siano più alte di quest’ultimo a causa dell’effetto serra che intrappola i raggi provenienti dal Sole stesso.
Le successive due missioni “Venera-5” e “Venera-6” dal punto di vista strutturale erano abbastanza simili. Anch’esse erano composte da una sonda madre e da una capsula di conformazione quasi sferica da sganciare nell’atmosfera venusiana. Tali sonde erano equipaggiate con strumenti scientifici, in grado di sondare l’atmosfera durante la fase di discesa, e dotate di trasmettitori, in grado di comunicare direttamente con Terra prima che venissero “disintegrate” dall’ambiente venusiano e dalle sue estreme temperature.
Visto le ostili condizioni di Venere la successiva missione, “Venera-7”, venne progettata in maniera totalmente diversa. Fu utilizzato un sistema di atterraggio controllato e un più accurato sistema di controllo termico per resistere alle altissime temperature. Finalmente il 15 dicembre 1970,
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