Sette brevi lezioni di fisica by Carlo Rovelli

Sette brevi lezioni di fisica by Carlo Rovelli

autore:Carlo Rovelli
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Adelphi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Possiamo verificare questa teoria con gli esperimenti? Ci stiamo pensando, e stiamo provando, ma ancora non esistono verifiche sperimentali. Però esistono diverse idee.

Una di queste consiste nello studiare i buchi neri. Nel cielo oggi vediamo i buchi neri formati dalle stelle che sono collassate. La materia di queste stelle è precipitata all’interno, schiacciata dal suo stesso peso, e sparita alla nostra vista. Ma dove è finita?

Se la teoria della gravità quantistica a loop è corretta, la materia non può essere davvero collassata in un punto infinitesimo. Perché non esistono punti infinitesimi: esistono solo regioni finite di spazio. Crollando sotto il proprio stesso peso, la materia deve essere diventata sempre più densa, fino a che la meccanica quantistica non deve avere generato una pressione contraria, capace di controbilanciare il peso. Questo ipotetico stato finale della vita di una stella, dove la pressione generata dalle fluttuazioni quantistiche dello spaziotempo bilancia il peso della materia, è quello che si chiama una «stella di Planck». Se il Sole, quando smette di bruciare, dovesse formare un buco nero, questo avrebbe le dimensioni di circa un chilometro e mezzo. All’interno, l’intera materia del Sole continuerebbe a sprofondare, fino a diventare una stella di Planck. La sua dimensione sarebbe allora simile a quella di un atomo. L’intera materia del Sole concentrata nello spazio di un atomo. Questo stato estremo della materia dovrebbe costituire una stella di Planck.

Una stella di Planck non è stabile: una volta compressa al massimo, rimbalza e comincia a riespandersi. Questo porta alla esplosione del buco nero. Il processo, visto da un ipotetico osservatore che sieda all’interno del buco nero, sulla stella di Planck, è rapidissimo: un rimbalzo. Ma il tempo non passa alla stessa velocità per lui e per chi stia all’esterno del buco nero, per lo stesso motivo per cui in montagna il tempo passa più veloce che al mare. Solo che qui la differenza di passaggio del tempo è enorme, a causa delle condizioni estreme, e quello che per l’osservatore sulla stella è un breve rimbalzo, visto dal di fuori appare con un tempo lunghissimo. Per questo vediamo i buchi neri restare simili a se stessi per tempi lunghissimi: un buco nero è una stella che rimbalza vista in estremo rallentatore.

È possibile che nella fornace dei primi istanti dell’universo si siano formati buchi neri, e alcuni di questi stiano esplodendo ora. Se così fosse, potremmo forse osservare i segnali che emettono esplodendo, sotto forma di raggi cosmici di alta energia che arrivano dal cielo, e quindi osservare e misurare un effetto diretto di un fenomeno di gravità quantistica. L’idea è coraggiosa, e potrebbe non funzionare, per esempio perché nell’universo primordiale potrebbero non essersi formati abbastanza buchi neri per poterne vedere qualcuno esplodere ora. Ma la ricerca dei segnali è cominciata. Staremo a vedere.

Un’altra delle conseguenze della teoria, e una delle più spettacolari, riguarda l’inizio dell’universo. Sappiamo ricostruire la storia del nostro mondo fino a un periodo iniziale in cui era piccolissimo. Ma prima? Bene, le equazioni dei loop ci permettono di ricostruire la storia dell’universo ancora più all’indietro.



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