Scritti scelti by Carlo Bini Francesco Domenico Guerrazzi

Scritti scelti by Carlo Bini Francesco Domenico Guerrazzi

autore:Carlo Bini, Francesco Domenico Guerrazzi [Carlo Bini, Francesco Domenico Guerrazzi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Utet
pubblicato: 2012-12-31T23:00:00+00:00


BIANCA E IL MINISTRO

E il diavolo gli comparve davvero nella persona del presidente di una Corte di appello. Aveva nome Vinneri. I sette peccati mortali gli andarono fino a casa ad educarlo gratis; ma egli durante tutta la vita mise da parte quanto gli avanzava da quelli per fabbricarsene un ottavo, e giusto allora stava per rompere il salvadanaio; però dei sette, due gli avevano preso il sopravvento, ed erano la ghiottoneria e l’avarizia, impossessata di lui sotto la forma del demonio del gioco. Se avessero ragguagliato la sua ignoranza con la malignità, non ci saria scattato un dito; e tuttavia lo giudicavano dottissimo, però che egli ponesse a parere quello che non era la pazienza industre di cui la natura si mostra liberale alle creature peggio complessionate. Lento il passo, la sembianza grave – i bufali non ridono mai, – la favella tarda, come frequenti sopra le labbra di lui le parole: ci penseremo, esamineremo, gli è un caso momentoso; e vuoisi considerare ad trutinam, e via discorrendo: nel suo studio da per tutto libri, e di carte una catasta: però queste ciurmerie a cui le guardava pel sottile palesavano la sua inane ed improvvida furberia, imperciocché ti venisse fatto di scorgere improntata in varie guise la forma del gatto di casa sopra lo strato di polvere che vi era caduto. Strana condizione! Non lo amava persona, e tutti accoglievano volentieri costui: prima di salire i gradini davanti la porta del tribunale, egli soleva levare le ciglia in su per mirare da quale parte piegasse la banderuola per regolarsi; né punto lo celava, al contrario soppiattone in ogni altra cosa, procedeva aperto in questa, affermando che il magistrato è appunto come il cane, latra e morde per chi gli butta il pane. La giustizia distributiva da lui s’intendeva a questo modo: fra il governo, che di presente teneva il mestolo in mano, e i privati, sempre torto ai privati; tra nobili e ignobili, i secondi sempre condannati nelle spese, fra ricchi e poveri, non si sentiva il cuore da innovare l’antico costume: all’osso dagli addosso; alla marmaglia era giustizia la sorte, ed era la meglio trattata; il primo processo, che allungato il braccio gli capitava sotto, vinceva.

Tutti i governi lo avevano disprezzato, e tutti lo avevano blandito, perché senza eccezione tutti lo avevano giudicato arnese eccellentissimo di servitù. Costui, per operare i voltafaccia a tempo, girando lieve e veloce su le calcagna come uscio sopra i ben unti arpioni valeva un tesoro; e se le ritirate politiche fruttassero fama quanto le militari, Senofonte di petto a lui sarebbe stato un tamburo; per la quale cosa egli, sicuro di sé, presentava le insegne degli ordini cavallereschi dei governi caduti ai governi via via sorvegnenti, come il forestiero getta sopra la tavola del cambiatore la moneta affinché gliela baratti, e i nuovi governi senza fiatare gliela permutavano, ed anche qualche cosa del loro ci aggiungevano. Il governo tramontante se lo vedeva scomparire da canto fra la pera e il formaggio, senza



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