Se vuoi dirmi qualcosa, taci. Dialogo tra un ebreo e un ligure sull'umorismo by Moni Ovadia Dario Vergassola

Se vuoi dirmi qualcosa, taci. Dialogo tra un ebreo e un ligure sull'umorismo by Moni Ovadia Dario Vergassola

autore:Moni Ovadia, Dario Vergassola [Moni Ovadia, Dario Vergassola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2020-01-20T23:00:00+00:00


Lontano da dove?

DARIO: Senti, c’è differenza tra un ebreo diasporico e un ebreo nazionale? È vero che sono peggio di livornesi e pisani?

MONI: È il contest di questi tempi. Io appartengo agli ebrei diasporici…

D.: Che sono quelli che s’incazzano di più? Tipo, oggi sono un po’ diasporico.

M.: No, non è uno stato d’animo. È un pensiero legato all’ebraismo. Non so se la storiella più bella su questa cosa faccia ridere, ma è veramente straordinaria. Dopo una persecuzione, un pogrom, dove hanno massacrato degli ebrei, sono rimasti dei feriti. Uno dice all’altro: “Basta, io me ne vado. Emigro da questo villaggio polacco.”

“E dove vai?”

“In Australia.”

“Mamma mia, così lontano?”

“Scusa, lontano da dove?”

Questa è la quintessenza del senso dell’esilio. Io sostengo che la dimensione specifica dell’ebraismo sia l’esilio, non la dimensione nazionale. La prova, secondo me, è quello che succede oggi nello Stato d’Israele: un nazionalismo maniacale…

D.: Di destra. Possiamo dirlo?

M.: Reazionario, feroce, che porta all’oppressione di un altro popolo, il popolo palestinese. Io credo che questo non sia ebraico. E su questo ci si dà reciprocamente dell’antisemita. Ma poi nella diaspora si sta col Padreterno; nella terra, meno. Il nostro è un Padreterno braccato, in assillo. Il Talmud lo descrive così… ci sono due troni: il trono della giustizia e il trono della misericordia, ma lui non riesce a capire dove deve stare seduto perché sia l’eccesso di giustizia, sia l’eccesso di misericordia sono pericolosi. Solo muovendoti continuamente, cioè sapendo che devi vivere costantemente nella contraddizione, puoi vivere pienamente in modo ebraico. Con il sedere al caldo, con i finanziamenti dello Stato agli ortodossi siamo al disastro. Perché l’ebreo è un po’ questo. Ci sono due signori che camminano, uno è vistosamente gobbo e l’altro no. Passano davanti a una sinagoga. Il signore senza la gobba sospira e dice all’altro: “Lo sai, io una volta ero ebreo.” Il gobbo fa due passi in avanti e dice: “Sì, lo capisco molto bene. Anch’io una volta ero gobbo.”

Voglio regalarti anche la meravigliosa versione veneta. Un ubriaco quasi in coma etilico sale su un pullman e si siede di fronte a un signore molto composto. Gli si avvicina alitandogli una zaffata alcolica e gli fa: “Par mi, lu x’è ebreo.”

“Mi lasci stare, si faccia i fatti suoi. Non sono ebreo.”

“Mi son sicuro. Gh’e digo parché mi so che lu x’è ebreo.”

Tre, quattro, cinque volte, finché il signore, esasperato, dice: “E va bene, d’accordo: sono ebreo, ebreo, ebreo. Ma si guardi lei: non si fa schifo? Guardi in che condizioni è. Ubriaco fradicio. Vergogna!”

“Sì, sior, el g’ha ragion, x’è vero. Però a mi doman… la me pasa!”

D.: Nel mio bar una volta è arrivato un gobbo da un altro quartiere. Il gobbo nostro (perché i bar sono una specie di reparto psichiatrico omeopatico, e si tengono ben stretti i propri personaggi) gli è saltato addosso e l’ha buttato per terra gridandogli: “Scopa di gobbo!” come quando si gioca a scopa. Una visione meravigliosa, per quanto allucinante.

M.: Non c’è una risposta univoca alla domanda: “Chi è l’ebreo?”



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