Serri Mirella - 2017 - Bambini in fuga: I giovanissimi ebrei braccati da nazisti e fondamentalisti islamici e gli eroi italiani che li salvarono by Serri Mirella

Serri Mirella - 2017 - Bambini in fuga: I giovanissimi ebrei braccati da nazisti e fondamentalisti islamici e gli eroi italiani che li salvarono by Serri Mirella

autore:Serri Mirella
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Europe, General, ebook, History
ISBN: 9788830448568
editore: Longanesi
pubblicato: 2017-04-11T22:00:00+00:00


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The voice. Ancora Radio Berlino

Nei territori della ex Jugoslavia le deportazioni nei lager e lo sterminio di massa dilagavano e incombevano sul rifugio di Josef e dei suoi orfani. Alla persecuzione antiebraica si era aggiunta quella contro i serbi e i nomadi. Gli ustascia, sostenuti e appoggiati dai tedeschi, dalla metà di giugno all’ottobre del 1941 sterminarono circa seicentomila serbi di religione ortodossa mentre altri trecentomila fuggirono oltre la Drina, il fiume che rappresentava la frontiera tra la Bosnia e la Serbia. Gli uomini di Pavelić sgombrarono, come si compiacevano di affermare, quell’eccesso d’immondizia che sporcava e inquinava il loro Stato: erano ebrei, zingari e serbi che costituivano più del trenta per cento dell’intera popolazione della «nuova» Croazia.

Il livello di crudeltà nei confronti dei serbi era in aumento. Nel 1942 molti militari e anche alcuni responsabili dei servizi di sicurezza italiani, avendo rilevato le stragi, si rivolsero non certo tempestivamente al comando centrale delle SS. Chiedevano maggiore moderazione, dopo che centinaia di migliaia di «pravoslavi» (ortodossi) erano stati uccisi dai croati: del resto, un decreto legge del 1941 stabiliva che il diritto di cittadinanza nello Stato indipendente di Croazia spettasse solo a «colui che è di origine ariana [...]. Ebrei e serbi non sono cittadini dello Stato indipendente Croato, ma appartenenti allo Stato [...]. Solo gli ariani godono dei diritti politici». Serbi, ebrei e nomadi erano equiparati alle bestie: non potevano camminare sui marciapiedi, frequentare luoghi pubblici, negozi, ristoranti e nemmeno usufruire dei mezzi di trasporto sui quali era comparsa la scritta: «Vietato ai serbi, ebrei, zingari e cani». Persino von Ribbentrop si trovò in imbarazzo. Il ministro degli Esteri tedesco non era abituato a protestare per le sopraffazioni: ma manifestò il suo disagio per tutta quell’efferatezza nei confronti dei serbi e incaricò l’ambasciatore tedesco a Zagabria di comunicare la profonda costernazione del governo del Reich per «gli orribili eccessi degli ustascia compiuti da elementi criminali». Apparentando quindi quei torturatori alla categoria dei «criminali» comuni.

Di fronte alla ferocia esercitata sui serbi, il Gran Muftī si guardò bene dal tentare di pacificare le forze in campo o dal mostrare un minimo di compassione. Non espresse mai alcun sentimento di riprovazione, non tentò di intercedere e non pronunciò una parola di pietà. A Berlino divenne il portavoce dei nazisti all’estero sulla «questione ebraica» in quanto consulente dell’ufficio Azione antiebraica all’Estero creato presso il Dipartimento del ministero degli Esteri, e che si proponeva di collaborare «all’eliminazione fisica degli ebrei». Ormai era anche considerato la massima autorità sul Medio Oriente e più volte alla settimana con il suo turbante bianco si recava nella sede delle emittenti del Reich per acquisire proseliti alla causa nazista tramite la radio. «Queste trasmissioni mi consentono di mantenere una presenza viva, dinamica e concreta in tutto il mondo musulmano», annotò sul diario al-Ḥusaynī, «anche se non sono fisicamente in Medio Oriente.»

Dall’inizio del 1942 le sue omelie e la sua verve oratoria si fecero sentire fin nel Pacifico e in India grazie alle emittenti giapponesi. Dagli efficaci impianti del Paese del Sol Levante la sua voce si faceva più sibilante e inquietante.



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