Smith Stephen - 2018 - Fuga in Europa by Smith Stephen

Smith Stephen - 2018 - Fuga in Europa by Smith Stephen

autore:Smith Stephen [Smith Stephen]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Comparative Politics
ISBN: 9788858429464
Google: 82dmDwAAQBAJ
editore: Einaudi
pubblicato: 2018-09-10T21:00:00+00:00


5. Moussa Wo, il bambino terribile.

L’antropologa statunitense Martha Carey ha lavorato per Medici senza frontiere in Sierra Leone durante la guerra civile dal 1993 al 2002. Grande esperta, ha cercato di comprendere le atrocità commesse dai ribelli del Fronte unito rivoluzionario (Ruf), che amputano i civili all’altezza del polso o del gomito – «maniche corte», «maniche lunghe» – per impedirgli di «prendere in mano il loro destino», secondo lo slogan a favore delle elezioni e del ritorno a un regime civile in sostituzione della giunta militare. In un contributo intitolato «Survival is Political». History, Violence, and the Contemporary Power Struggle in Sierra Leone, Carey crede di trovare una chiave di lettura di questo comportamento nella società segreta tradizionale maschile – Poro – e nei suoi riti di iniziazione. Nella sua ricerca, Carey risale inoltre a una figura ben nota nell’intera Africa occidentale, ossia il «re guerriero» Sundjata Keïta, fondatore dell’Impero del Mali nel XIII secolo. Secondo l’epopea, di cui sono in circolazione diverse versioni locali, fu storpio sin dalla nascita, schernito da tutti per la sua incapacità di tenersi in piedi e di camminare. Alla vigilia della sua circoncisione, però, Sundjata afferrò i rami di un baobab gigante e lo sradicò grazie alla sua forza erculea. Bandito da corte assieme alla madre per ordine del fratellastro, il re locale, visse in esilio sino al giorno in cui, richiamato dai suoi per respingere degli invasori, oltre a sconfiggere il nemico conquistò un vasto impero.

In Sierra Leone, Sundjata Keïta è noto col nome e il sembiante di Moussa Wo. La sua leggenda, costellata di crudeltà e di truffe, è un’esaltazione del caos. È un «bambino terribile», un mostro osceno e immorale, ma irresistibile. Incarna la gioventú che si sottrae al controllo dei piú anziani, che aspira a un mondo capovolto, carnascialesco, come anche il godimento sfrenato con lo straripare delle sue forze vitali. «Nella guerra e nella composizione dei diversi movimenti armati, la classe, l’etnicità e la categoria socio-economica hanno avuto una funzione di stimolo secondaria rispetto a divisioni piú antiche e profonde tra la nuova e la vecchia generazione», sostiene Carey12, che si limita a parlare della Sierra Leone. Ma se la percentuale elevata di giovani nell’intero Sud del Sahara consentisse di estendere la citata affermazione della Carey alla totalità del subcontinente, allora la frattura generazionale sarebbe la madre di tutti i conflitti.

«Sparerei anche a mio padre», sottinteso: se la nostra causa lo esigesse13. Per oltre vent’anni, circa 250 000 giovani reclute hanno ripetuto questo slogan nei campi d’addestramento del movimento ribelle sud-sudanese a guisa di giuramento di fedeltà al Sudan People’s Liberation Army (Spla). Questi giovani, tra l’inizio della seconda guerra civile sudanese (1983) e la firma di un accordo di pace tra il Nord e il Sud del paese (2005), si sono dichiarati pronti al parricidio se ne dipendesse la loro liberazione. È possibile immaginare un’espressione piú cruda del conflitto generazionale? Tuttavia, l’africanista Cherry Leonardi, docente dell’Università inglese Durham, ha contestato questa lettura. In uno studio pubblicato nel 2007,



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