Storia D'Italia vol. 15-20 by Indro Montanelli

Storia D'Italia vol. 15-20 by Indro Montanelli

autore:Indro Montanelli
La lingua: ita
Format: mobi
pubblicato: 2010-12-28T16:19:21+00:00


CAPITOLO DODICESIMO.

L’INVOLUZIONE POLITICA.

SE l'Italia non era stata fra le maggiori vittime della Guerra dei Trent'anni, che l'aveva coinvolta solo marginalmente e di riflesso, ciò non vuoi dire che non ne abbia anch'essa sofferto le conseguenze. Abbiamo già visto cosa quel conflitto costò al Piemonte, lo Stato italiano che vi si trovò più direttamente impegnato. Gli avventurosi Duchi di Savoia che avevano cercato di approfittarne per impadronirsi del Monferrato strappandolo ai Duchi di Mantova e riunire sotto la loro signoria tutta la regione, dovettero contentarsi di poche briciole e consegnare in cambio Pinerolo ai francesi. Costoro,,da questa testa di ponte, poterono sempre più sviluppare le loro interferenze nella penisola per minarvi la supremazia spagnola. E questa lotta doveva continua-

re anche dopo la pace di Westfalia, accentuando le divisioni dell'Italia e precipitandola in un seguito di conflitti intestini, che non erano la guerra, ma non erano nemmeno la pace. Più che di grande politica, si tratta d'intrighi, che alla fine lasciarono le cose pressappoco come prima, ma che tuttavia logorarono vieppiù le residue forze del nostro esausto Paese.

La vittima più illustre fu Venezia. La sua diplomazia si era barcamenata saggiamente nel grande conflitto che opponeva gli Asburgo d'Austria e quelli di Spagna ai Valois francesi. Ma la divisione d'Italia e d'Europa le fu fatale nella lotta contro i Turchi all'assalto del suo impero mediterraneo. Di questo impero, il puntello era l'isola di Creta. I Turchi la conquistarono di sorpresa nel 1645; ma la guarnigione della capitale, Candia, resistè. E Venezia, per sostenerla, mandò flotte su flotte. Lorenzo Marcello distrasse quella avversaria nell'Ellesponto, e Lazzaro Mocenigo forzò addirittura i Dardanelli mettendo il blocco a Costantinopoli. Entrambi persero la vita in queste sanguinose battaglie che testimoniavano l'indomito valore della marineria veneziana, ma nello stesso tempo la dissanguavano. Venezia aveva deciso questa resistenza a oltranza nella fiducia che prima o poi si riformasse il fronte cristiano che cent'anni prima aveva condotto al trionfo di Lepanto. Ma la speranza andò delusa. Quando, dopo ventitré anni di guerra nella città assediata, il comandante dell'eroica

piazzaforte, Morosini, si arrese coi brandelli della sua guarnigione, Venezia aveva perduto cen-tomila uomini e oltre duecento navi. Da questo colpo non si riprese più. Da allora, tutta la sua politica non sarà più che un'azione di retroguardia, volta non già a rilanciare la sua gloriosa avventura, ma a ritardarne la fine.

Gli altri Stati italiani facevano soltanto del piccolo cabotaggio. Abbiamo visto i francesi approfittare dei dissidi fra i Savoia di Torino e i Gonzaga-Nevers di Mantova, titolari anche del Monferrato, per installarsi a Pinerolo. Di lì a pochi anni s'impadronirono anche di Casale, mettendo così il Piemonte sotto il proprio controllo e tenendo sotto continua minaccia sia il governatorato spagnolo di Milano che la repubblica di Genova, indipendente ma strettamente legata alla Spagna sin dai tempi di Andrea Doria.

Ma non si contentarono di questo. Con un improvviso attacco navale, occuparono anche Piombino e i cosiddetti "Presidi" della Maremma e dell'Elba. Dal punto di vista territoriale, non erano grandi conquiste. Ma lo erano dal punto di vista strategico perché quei capisaldi dominavano le rotte marittime fra Genova e Napoli.



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