Storia moderna e contemporanea. I. Dalla peste nera alla guerra dei Trent'anni (Italian Edition) by Adriano Prosperi & Paolo Viola

Storia moderna e contemporanea. I. Dalla peste nera alla guerra dei Trent'anni (Italian Edition) by Adriano Prosperi & Paolo Viola

autore:Adriano Prosperi & Paolo Viola [Prosperi, Adriano & Viola, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B077FLKKP2
editore: Einaudi
pubblicato: 2015-12-02T00:00:00+00:00


3. Il papato, lo Stato della Chiesa, la Chiesa cattolica.

Il papato si assumeva dunque in prima persona il compito di interpretare e portare a realizzazione i decreti del concilio. Era la maniera migliore per impedire che il concilio diventasse un’occasione per diminuire i poteri del papato. Fu una congregazione cardinalizia apposita a occuparsi della materia, in modo da tradurre nella multiforme realtà locale le disposizioni generali del concilio. Il papato che aveva messo sotto controllo il concilio era però anch’esso cambiato dai tempi del nepotista e simoniaco Alessandro VI, del battagliero Giulio II, dei mondani Leone X e Paolo III: il brevissimo pontificato del cardinale toscano Marcello Cervini, raffinato bibliofilo e uomo di cultura, ma anche severo riformatore delle diocesi di cui era stato vescovo – papa Marcello II per venti giorni nell’aprile del 1555 –, segnò il punto di svolta. Dopo di lui, non troviamo piú pontefici occupati con amanti e figli da sistemare: la severa moralità della vita personale dei papi della Controriforma toccò il culmine coi pontificati dei due grandi Inquisitori, Gian Pietro Carafa (papa Paolo IV, 1555-59) e fra Michele Ghislieri, già potente segretario del Sant’Uffizio dell’Inquisizione (papa Pio V, 1566-72). Si ebbero cosí, per la prima volta da secoli, dei papi santi: alla prima occasione, appena la macchina giudiziaria curiale per l’esame delle cause dei santi fu riorganizzata e rimessa in funzione, papa Pio V fu fatto santo. L’obbligo, se non di essere santi, almeno di offrire un esempio di costumi severi riguardò tutti i papi da allora in poi. E soprattutto i papi dovettero essere al sicuro da ogni sospetto di eresia. Al dotto e pio cardinale inglese Reginald Pole – il candidato piú forte al papato dopo la morte di Marcello II – la via verso il pontificato fu sbarrata dall’accusa di eresia lanciatagli contro da Gian Pietro Carafa. La fabbrica dei papi restava apparentemente la stessa: garantirsi – in conclave – una maggioranza nel Sacro Collegio dei cardinali, procurandosi l’appoggio di uno dei partiti piú forti (il partito spagnolo per esempio, o quello francese, intorno a cui gravitavano i cardinali italiani, usciti in genere dalle grandi famiglie aristocratiche e dalle casate regnanti, o dagli ordini religiosi piú potenti). Ma il papa aveva ora un’autorità superiore a quella del collegio cardinalizio, anche se doveva essere teologicamente e moralmente presentabile. Al suo servizio, la Curia romana non fu smantellata come chiedevano da secoli molte tendenze riformatrici: fu anzi irrobustita. Un papato rafforzato nel suo ruolo di capo della Chiesa universale aveva bisogno di un apparato in grado di governare l’intero mondo cattolico, di dirigere il clero dovunque si trovasse, di finanziare missionari, rappresentanti diplomatici, all’occorrenza anche eserciti e flotte per le guerre di religione. Ma intanto erano venuti meno i mezzi forniti da molti stati, che erano diventati luterani, calvinisti o altro e quindi non pagavano piú le decime al clero né contribuivano certo al funzionamento delle istituzioni ecclesiastiche; e anche coi sovrani cattolici i rapporti non erano i migliori. Il papa come capo



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