Tagliare la corda. 9 settembre 1943. Storia di una fuga by Marco Patricelli

Tagliare la corda. 9 settembre 1943. Storia di una fuga by Marco Patricelli

autore:Marco Patricelli [Patricelli, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2023-06-14T22:00:00+00:00


Ortona

La lunga notte senza luna

Il molo della vergogna

I duchi di Bovino mai si sarebbero aspettati di rivedere gli ospiti partiti alle 15.00 nuovamente all’ingresso del castello ducale. Questo il ricordo di Luigi Cafiero: «La regina e tutti apparivano stanchi e la nonna fece preparare le stanze. Bice cedette di nuovo la sua al principe che, incontrandola in corridoio col valigione in mano, le disse scherzosamente che dopo quel nuovo sfratto loro due sarebbero rimasti nemici per la vita. Quella sera nessuno cenò, solo la regina chiese qualcosa di caldo».1 Sansonetti da Supermarina a Roma aveva già trasmesso a de Courten la sua informativa via radio, che certamente non è tale da placare i timori e neppure da tranquillizzare: «Situazione ore 19. 5a divisione partita da Taranto per Malta ore 17. Risultano parzialmente occupate dai tedeschi Genova, Livorno, Civitavecchia, Comando Marina La Maddalena, Trieste. Mancano notizie La Spezia. Conflitto Bari.2 Truppe germaniche attaccano sistematicamente nostre unità». E poi, ancora: «Situazione ore 20.10. Tedeschi stanno entrando a Roma. Stazione r.t. San Paolo occupata. Prevedo eventualità non potere esercitare comando».3 È evidente che la situazione nella capitale sta precipitando, e che in tutt’Italia si sono accesi combattimenti per gli attacchi dell’ex alleato. Dove possibile si reagisce, praticamente da nessuna parte si è agito d’iniziativa. A Crecchio, intanto, viene scartata Bari come possibile meta appunto perché ci sono i tedeschi. La partita, però, si gioca tutta a Roma. Vittorio Emanuele si era raccomandato con Carboni, prima della partenza, sottolineando che erano tutti nelle sue mani e voleva la conferma che fossero davvero buone mani.4 E si era fidato, anche perché faceva comodo a tutti quella rassicurazione pleonastica, come se tutto fosse predisposto e tutto dovesse necessariamente andare per il meglio. Invece tutto stava precipitando.

Poco dopo le 21.00 Umberto convoca il generale Puntoni nella sua stanza, per parlargli a quattr’occhi: «Lo trovo in piedi, al centro della camera, a braccia conserte. “La mia partenza da Roma” mi dice subito “è senza dubbio uno sbaglio: penso che sarebbe opportuno ch’io tornassi indietro. La presenza nella capitale di un membro della mia Casa, in momenti così gravi, la reputo indispensabile”. Cerco di dissuaderlo, anche perché il sovrano ha espresso il desiderio di avere con sé il principe ereditario, che rappresenta la continuità della dinastia».5 Il principe di Piemonte rievocherà: «Io mi dicevo, in quella notte drammatica: che cosa accadrà domani quando questi ministri si alzeranno dal letto e scopriranno che noi non ci siamo più? Diranno: “Ecco, loro se ne sono andati e hanno lasciato noi nelle peste”. Con quale animo ci saremmo ripresentati a Roma, di lì a pochi giorni, come si pensava allora, e avremmo incontrato questi membri del governo? O peggio, se fossero stati arrestati, deportati, uccisi dai tedeschi, quali giustificazioni avremmo dato?».6

Non c’è il tempo, ma forse neppure la possibilità di cenare. La regina Elena chiede per sé qualcosa, ma nessun altro tocca cibo. Senza farsi vedere da nessuno e senza dirlo neppure al marito, ha consegnato alla duchessa di Bovino un sacchetto: all’interno ci sono alcuni gioielli di famiglia.



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