Tra donne sole by Cesare Pavese

Tra donne sole by Cesare Pavese

autore:Cesare Pavese
La lingua: eng
Format: epub


XXV.

Becuccio era comunista e mi disse che aveva fatto la guerra. Gli avevo chiesto se era stato soldato. - Sono stato in Germania, - mi disse.

Allora pensai a Carlotta, se era ancor viva e se mai più le sarebbe toccato di svegliarsi un mattino come me a una finestra di val Salice davanti a quegli alberi.

- Abbiamo anche il tram, - disse Becuccio.

Scese a pagare, e non facemmo colazione. Il padrone, in mutande e gilè, ci guardò passare senza dir nulla. Io pensavo che le cose importanti succedono sempre dove una non crederebbe. Un alberguccio miserabile, una stanza col catino, lenzuola da entrarci al buio. Fuori Becuccio fumava, nel primo sole.

Rientrai in albergo, sola. Non ero stanca, ero calma e contenta. Becuccio mi aveva capita, non aveva insistito per accompagnarmi. Ero tanto contenta che fui sul punto di dirmi: “Fino a domenica lo vedrò quando vorrò”. Ma sapevo che non dovevo far questo; già il gesto di Becuccio di pigliarmi per il mento e guardarmi dentro gli occhi, mi aveva seccata.

In albergo, Mariuccia, che mi portò la colazione, vide il letto intatto e sgranò gli occhi. Pensai che faccia avrebbe fatto se mi avesse veduta un'ora prima. Le dissi che non c'ero per nessuno e che volevo fare il bagno.

Quel mattino telefonai a Febo in via Po. Non c'era. Rispose Becuccio. Mi disse signorina con la voce solita. Lasciai detto di dire certe cose a Febo e fui libera. Cercai Momina al telefono; non c'era. Cercai Mariella: erano andate alla messa per una nobildonna loro parente, morta da poche settimane. La chiesa la sapevo, era la Crocetta.

Uscii passo passo, sui viali che mettevano le prime foglie in quei giorni, e pensavo ai boschetti di val Salice. Arrivai alla Crocetta che la funzione era finita; c'erano ancora il cartello bianco e nero e i paramenti mortuari sulla facciata della chiesa. Lessi il nome della morta: era stata una terziaria, una mezza monaca. Un gruppo di ragazze e signore cianciavano salendo su una grossa automobile nera. Qualcuno m'aveva detto che l'inferriata che chiudeva quelle colonne in cima ai gradini era stata fatta, coi soldi di un lascito, perché i mendicanti non entrassero sotto il colonnato. Una donna, seduta a un cesto sui gradini, vendeva violette.

Non so perché, pensai di entrare. Dentro la chiesa era freddo, e in fondo un sacrestano spegneva le ultime candele. Mi fermai in piedi, vicino a un pilastro. Tutte le chiese sono uguali. Fiutai odore d'incenso e di fiori guasti. Pensai che anche i preti s'intendevano di arredamento, ma a loro non costava fatica: era sempre lo stesso, la gente ci veniva comunque.

Due donne uscirono dall'ombra, Rosetta e sua madre. Ci salutammo con un cenno; sulla porta toccarono l'acquasantiera e si segnarono. La madre era in pelliccia, col velo nero.

Fuori ci salutammo e Rosetta mi disse di accompagnarle fino a casa, due passi. Parlottammo così, del più e del meno; la madre mi fece i complimenti per il negozio; teneva in mano il libriccino nero. Nonostante la pelliccia aveva un'aria casalinga, e anche parlando si stupiva di tutto, sospirava.



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