Una vita by Italo Svevo

Una vita by Italo Svevo

autore:Italo Svevo [Svevo, Italo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:00:50+00:00


Stette immoto temendo di far svanire il suo benessere. Certamente non dormiva ma riposava aggradevolmente.

Non si rammentò mai come il passaggio fosse avvenuto, ma improvvisamente egli si vide in tutt’altro luogo e in stato d’animo ben differente.

Giaceva nel suo letto, a casa, nello stanzone bene arieggiato e il sole d’estate entrava da una delle finestre aperte. Era convalescente di una lunga malattia e debole tanto che non gli riusciva di spostare le coperte che gli opprimevano il petto. Ma questo era l’unico disturbo, perché del resto si sentiva lieto, allegro. Fissava il fascio di luce che illuminava un’immensità di corpuscoli sospesi nell’aria, una nebbia leggiera che il sole scopre nell’atmosfera più pura. Era lieto perché sapeva che di là a pochi giorni gli sarebbe stato permesso di uscire all’aria e al sole. Era lieto perché nella cucina vicina sentiva moversi la madre giovine ancora e la quale canticchiava lavorando per lui. Di là gli giungeva il suono monotono che la madre produceva pestando della carne con un coltello, ma nelle orecchie aveva un altro rumore monotono, un ronzìo dolce, una nota tenuta che lo addormentava.

Doveva essere entrato qualcuno nel piccolo corridoio perché sulle pietre Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 225

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Italo Svevo Una vita XVI

Q

sentiva il suono di un piccolo piede e il fruscio di una veste. Proprio dinanzi alla sua porta risonò una dolce voce di donna: – Come sta Alfonso? – Per quanto dolce diveniva disaggradevole quella voce perché si ripeteva e risonava in tutti i vuoti della grande casa. Di chi era che gli sembrava notissima? La mise in relazione con tutte le voci di donna che conosceva e con nessuna s’accordava. – Ah! sì! Francesca! – e lo colse un profondo malessere e pensò:

– Se s’è stabilita nel villaggio ruberà la quiete a tutti i suoi abitanti.

La porta s’era aperta e subito la stanza era stata invasa da un tumulto di suoni dei carri che passavano sulla via e dei gridii prolungati dei carrettieri.

Con movimento istintivo egli aveva chiuso gli occhi per isolarsi. Era sua madre. Prima ch’ella giungesse al suo letto egli la vide e vide il suo sorriso soddisfatto al trovarlo tanto quieto. Ella si chinò su lui e lo baciò, ma giusto sulla cavità dell’orecchio. Egli sentì un acuto dolore come se dentro qualche cosa fosse scoppiato e si svegliò.

Fu abbagliato dalla luce ch’entrava dalla finestra. Già giorno? La sorpresa era maggiore perché si sentiva ancora stanco come se avesse dormito un’ora al più.

Accanto al suo letto c’erano Mascotti e Frontini e parve che non si fossero accorti ch’egli aveva aperto gli occhi.

– Quanto può durare? – chiese Mascotti pensieroso e accarezzandosi il naso con l’indice.

– Chi lo può sapere? Anche quindici giorni. E’ probabilmente una tifoidea.

– Io tifo? – chiese Alfonso.

– Vede che capisce e che si sente meglio? – gridò Mascotti contento.

– Ha la febbre ma lieve, – disse Frontini rivolto ad Alfonso. – Deriva probabilmente dalla stanchezza e dal dispiacere. Le garantisco che non è cosa seria.



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