Uomini alla macchia by Maurizio Fiorillo;

autore:Maurizio Fiorillo; [Fiorillo, M.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: 9788858115244
editore: edigita
pubblicato: 2010-11-14T23:00:00+00:00

3. L’esercito partigiano

Nell’estate del 1944 in tutta l’Italia settentrionale si attuò la riorganizzazione delle bande in agglomerati sempre più vasti, battezzati ‘brigate’ e ‘divisioni’, ma nonostante il fiorire di denominazioni tipicamente militari, le forze ribelli non poterono che rimanere fedeli ai metodi della guerriglia di logoramento ‘per bande’.

La superiorità dei tedeschi in armamenti ed equipaggiamenti, addestramento individuale e di reparto, capacità di comando e comunicazioni, rimaneva schiacciante, inoltre il territorio italiano, ricco di zone impervie, ma anche di centri abitati e di strade (soprattutto a paragone di altre zone ‘partigiane’, come i Balcani), rendeva difficile l’azione di grossi contingenti compatti di uomini. Insomma, condizionamenti geografici e limiti militari, prima ancora di divergenze politiche o localismi, non permisero ai vari contingenti ribelli di fondersi realmente in un ‘esercito nazionale di liberazione’ con una struttura compatta.

In Lunigiana le ‘brigate’ nacquero dalla progressiva crescita di una banda, dall’aggregazione di diversi gruppi autonomi o dall’assorbimento di piccoli nuclei da parte di uno più grande. Esse però spesso rimasero delle ‘federazioni’ di gruppi più ridotti e la ‘banda’ di quaranta-sessanta uomini dotata di ampia autonomia, ribattezzata distaccamento o compagnia, rimase l’unità tattica fondamentale25.

Le bande avevano spesso una struttura elementare, lontana da quella di un reparto militare. Il socialista Guido Bottiglioni ad esempio scrive che nella formazione lunigianese 37b, che all’inizio dell’estate 1944 contava un’ottantina di uomini,

i cinque sesti del reparto erano ancora completamente disarmati, mentre gli altri disponevano di un armamento assai vario e, talvolta, quasi solo simbolico (qualche rivoltella a tamburo, un paio di fucili da caccia, alcuni coltellacci, poche bombe di tipo ‘balilla’).

In attesa di un aviolancio alleato, la banda contava di rifornirsi di armi «organizzando assalti alle caserme della milizia e dei carabinieri». Inoltre

[l]’organizzazione del reparto era ancora primordiale, eccezion fatta per la provvista e la confezione del rancio che erano discretamente curate, i servizi di guardia, disimpegnati malamente, non prevedevano ispezioni, specialmente notturne, a garanzia della sicurezza comune, e i ragazzi inoltre oziavano tutto il giorno senza curarsi troppo nemmeno delle pulizie personali.

Molti giovani membri della banda erano depressi «per il fatto di sapersi inermi, esposti, senza possibilità di opporre una efficace resistenza agli eventuali attacchi che fascisti e tedeschi avessero creduto di sferrare contro il modesto reparto»26.

Lo scoraggiamento non era un sentimento rarissimo nei giovani che raggiungevano le bande con forse troppe illusioni. La precarietà organizzativa del mondo ribelle infatti ingigantiva la percezione del pericolo e contribuiva a minare il morale delle nuove ‘reclute’, magari spingendo le meno motivate a improvvise fughe27. La relativa disorganizzazione delle bande non era però legata solo alle immense difficoltà pratiche di una lotta senza precedenti in Italia. Esisteva infatti nel mondo ribelle un ethos contrario a qualsiasi tipo di regolamentazione.

Le bande erano nate anche «da un’iniziale spinta di rivolta antistituzionale, o almeno di supplenza all’eclisse delle istituzioni», o se si preferisce da una «strana anarchia che pur mirava a un’immediata ricostruzione»28. Questo spirito ‘ribelle’ si manifestava anche nel ripudio dei gradi acquisiti nelle forze armate e nella critica serrata di qualsiasi autorità. La disciplina

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