Vincere e vinceremo! by Mario Avagliano Marco Palmieri

Vincere e vinceremo! by Mario Avagliano Marco Palmieri

autore:Mario, Avagliano,Marco, Palmieri [Avagliano, Mario Palmieri, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Biblioteca storica
ISBN: 9788815320957
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2014-10-14T22:00:00+00:00


Altre cronache della violenza diffusa. «Qua c’è la gente Montenegrina che è molto educata e di buon quore e offrono sempre qualche cosa invece li albanesi sono i soliti e odiano molto li Montenegrini ed un giorno ànno incominciato a bastonarsi fra loro ed erano tutte le strade piene siamo andati fuori tutti i soldati in 700 e quante bastonate ànno preso, erano di quei soldati che davano col fucile giù per la testa e dopo di quel giorno tutto chieto, li abbiamo dato una lezione che rimarrà di ricordo per tutta la vita. […] è stato la meglio giornata perché si à tanto riso e tutta la gente con le mani in alto dalla paura e si sperava che succedesse un’altra volta ma niente», racconta alla madre nel giugno 1941 Antonio Da Prà Colò[47].

Non meno cruda è la pagina di diario dell’ottobre 1941 dell’alpino Vito Mantia appena arrivato in Montenegro: «Siamo a Podgorica da un paio di giorni. Suona l’allarme della prima terrificante prova. Partiamo alla volta del vicino passo dove, in uno scontro con una nostra colonna, i ribelli hanno avuto la meglio. Distrutti 38 autocarri. Massacrati gli autisti e le scorte. Tutti. Tutti! Spaventose le mutilazioni sui poveri corpi. Ordine perentorio dal comando: due giorni di carta bianca! Distruggiamo o, meglio, assistiamo alla distruzione di quanto incontriamo. Gli attori principali sono i nostri veci. Noi tentiamo di renderci utili, ma ci accorgiamo che ogni nostro intervento complica le cose. Siamo atterriti e inebetiti dalle urla dei militari e dall’atteggiamento di terrore dei poveri abitanti del vicino borgo che a gruppi vengono avviati verso Podgorica»[48]. Lo stesso Mantia, un mese dopo, stigmatizza «i continui sequestri, incendi, fucilazioni, coprifuoco, odio e vendette» subiti dalla popolazione locale ad opera dei soldati tedeschi e italiani[49]. Nel luglio del 1943, del resto, una camicia nera toscana di nome Stefani scrive orgogliosamente a un amico che dove passavano con i tedeschi «era il terrore» per la popolazione del Montenegro[50].

In Bosnia-Erzegovina, a Mostar, come osserva nel suo diario il maresciallo dei carabinieri siciliano Mario Marino di Letojanni, nell’aprile 1941 «ogni notte si sentivano sparate fucilate ed anche raffiche di mitragliatrice» ad opera dei partigiani. «Per tali fatti sono stati operati vari servizi di rastrellamento anche nei paesi viciniori durante i quali servizi, sono stati operati un centinaio di arresti e sequestrati un centinaio di fucili da caccia e rivoltelle»[51]. In Dalmazia, come attesta una relazione del comando generale dei carabinieri del dicembre 1941, «le repressioni per gli atti di ostilità ai nostri danni, hanno prodotto profonda impressione» e «le deportazioni e gli internamenti» messi in atto dalle nostre truppe «sono particolarmente temuti» dalla popolazione[52]. Le violenze e i rastrellamenti contro i partigiani proseguono fino ai primi mesi del 1943. «Complessivamente, sono stati uccisi in conflitto o passati per le armi 83 ribelli, tra cui due capi; incendiate diverse case ribelli, distrutti vari rifugi, rastrellate o distrutte ventisei barche», si legge nella relazione di marzo del comando generale dei carabinieri. «Le nostre autorità di Governo



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