Vocabolario dei desideri by Eshkol Nevo

Vocabolario dei desideri by Eshkol Nevo

autore:Eshkol Nevo [Nevo, Eshkol]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


N come Notte

All’entrata dello spettacolo Sleep No More a New York c’è una hall da albergo, dove lasci il telefono e ricevi una maschera da mettere in faccia. Mi hanno separato da Dafna fin dall’inizio. Lì funziona così, se arrivi in coppia insistono perché ciascuno entri da solo. Per la verità, a me andava benissimo.

In alcune stanze dell’albergo gli attori recitano scene selvagge del Macbeth. Si sale e si scende fra i piani bui nella speranza di imbattersi in qualcosa, ma per la maggior parte del tempo si segue altra gente mascherata in cerca di azione.

A un certo punto mi sono stancato di far parte del gregge e mi sono allontanato verso una zona spoglia al secondo piano: sembrava un bosco lunare. Intorno non si vedeva nessuno in maschera, perciò ho supposto di essere arrivato in un’area al di fuori dello spettacolo. Camminavo fra ferraglie e cespugli quando d’un tratto ho visto una baracca da cui proveniva una luce.

Non ero sicuro di cosa stavo facendo, ma mi sono diretto verso la luce. Quando sono arrivato alla baracca, si è aperta la porta e una ragazza in uniforme da infermiera mi ha fatto segno con un dito: vieni.

Sono entrato e lei ha chiuso a chiave la porta.

Non mi sono innervosito. Al contrario.

Mi ha fatto sedere su una sedia davanti a lei e mi ha tolto la maschera. Non ha sorriso per tutta la scena, ma mi fissava con compassione.

Come se davvero fosse un’infermiera, e io fossi bisognoso di aiuto. Si è alzata, mi ha versato un tè e ha detto, bevi. Il tè non era buono, ma era piacevole che avesse premure per me.

Mentre bevevo, i suoi occhi vagavano sulle mie labbra e sul collo. Mi sentivo accarezzato, e nonostante non mi toccasse il mio cuore batteva all’impazzata, come non mi succedeva da tempo. Quando ho finito mi ha preso la tazza, l’ha posata di lato e improvvisamente si è chinata vicinissimo al mio orecchio – le sue labbra mi sfioravano il lobo – e ha sussurrato: «Succederà stanotte».

Aveva un odore dolce di sudore. L’ho percepito mentre si chinava e mi è venuta voglia di toccarla, ma non ero sicuro che fosse permesso.

Poi di colpo si è alzata. Ha aperto la porta. Mi ha teso la maschera e ha fatto cenno con la testa di uscire. Non sapevo se l’avevo delusa o se così si concludeva la scena del Macbeth che avevamo recitato. A ogni modo mi sono ritrovato fuori. Ho vagabondato un altro po’ fra i piani, ma nulla era simile. Un’ora più tardi, le maschere ci hanno fatto sgomberare tutti. All’uscita ho incontrato Dafna. Ha detto che era stato noioso, non capiva perché tanto rumore per quel Sleep No More.

Le ho raccontato dell’infermiera. O meglio, ho descritto quello che era successo, ma senza spiegare l’effetto che aveva avuto su di me. Io stesso ci ho messo parecchio a capirlo. Quella notte abbiamo fatto sesso. Sapevo che avremmo fatto sesso, perché quando siamo in vacanza lo facciamo sempre due volte e fino a quel momento l’avevamo fatto una sola, e quella era l’ultima notte.



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