Il poema dell'hashish by Charles Baudelaire

Il poema dell'hashish by Charles Baudelaire

autore:Charles Baudelaire [Baudelaire, Charles]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Science, Essays
ISBN: 9788854142152
Google: 7Gt3YUapfTIC
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2012-05-02T22:00:00+00:00


IV. L’uomo-Dio

È tempo di lasciar da parte tutti questi giochi di prestigio, queste grandi marionette nate dal fumo di cervelli infantili. Non è forse vero che dobbiamo parlare di cose più gravi: cioè delle modificazioni dei sentimenti umani e, in una parola, della morale dell’hashish?

Fino a questo momento non ho fatto altro che delineare una breve monografia sulle caratteristiche dell’ebbrezza; mi sono limitato a metterne in evidenza i tratti più salienti, soprattutto quelli materiali. Ma io credo che per l’uomo spirituale la cosa più importante sia conoscere l’azione del veleno sulla parte spirituale dell’uomo, e cioè l’ingigantimento, la deformazione e l’esagerazione dei suoi sentimenti abituali e delle sue percezioni morali, che presentano allora, in un’atmosfera eccezionale, un vero e proprio fenomeno di rifrazione.

L’uomo che si è dato per lungo tempo all’oppio o all’hashish, e che poi, sebbene indebolito dall’abitudine della schiavitù ha saputo trovare l’energia necessaria per liberarsene, mi appare come un prigioniero evaso. Egli mi ispira maggiore ammirazione dell’uomo prudente che non ha mai sbagliato, che ha sempre evitato con cura ogni tentazione. Gli Inglesi adoperano frequentemente, a proposito dei consumatori d’oppio, termini che possono sembrare eccessivi soltanto a quegli ingenui che ignorano completamente gli orrori di quel decadimento: enchained, fettered, enslaved! Catene, infatti, a confronto delle quali tutte le altre - le catene del dovere, le catene dell’amore illegittimo - sono trame di garza e fragili ragnatele! Spaventoso matrimonio dell’uomo con sé stesso! “Ero divenuto uno schiavo prigioniero nelle pastoie dell’oppio, e i miei lavori come i miei ordini prendevano i colori dei miei vaneggiamenti”, dice lo sposo di Ligeia17; ma in quanti meravigliosi passi Edgar Poe, questo poeta incomparabile, filosofo inconfutabile che sempre occorre citare quanto si parla delle misteriose malattie dello spirito, descrive i cupi e allettanti splendori dell’oppio! L’amante della luminosa Berenice, il metafisico Igeo, parla di un’alterazione delle sue facoltà che lo costringe a dare un valore anormale, mostruoso ai fenomeni più semplici:

“Meditare instancabilmente per lunghe ore, appuntando l’attenzione su qualche dettaglio senza importanza o nei caratteri tipografici di un libro; restarmene assorto per la maggior parte di una giornata estiva inseguendo un’ombra bizzarra proiettata di sbiego sulla tappezzeria o sul pavimento; perdermi per una intera notte a fissare la fiamma immobile di una lampada o la brace nel camino; fantasticare per giorni interi sul profumo di un fiore; o ripetermi in maniera ossessiva una parola qualsiasi, finché il suono, mille volte pronunciato, si vuotava di ogni significato; perdere ogni senso dinamico o di esistenza fisica in un’immobilità assoluta del corpo, ostinatamente prolungata; ecco alcune delle più ampie comuni e meno dannose aberrazioni prodotte da una condizione mentale, a dire il vero non del tutto priva di precedenti, ma certamente tale da sfidare qualsiasi analisi o spiegazione”18.

E il nervoso Augustus Bedloe il quale ogni settimana, prima della sua passeggiata, prendeva la sua dose d’oppio, confessa che il principale beneficio che ricava da quell’avvelenamento quotidiano consiste nel provare un interesse esagerato per ogni cosa, anche la più banale: “Intanto la morfina produceva il suo abituale



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