16 Andrea Vitali - La leggenda del morto contento by La leggenda del morto contento

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autore:La leggenda del morto contento
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Dopo due anni trascorsi in questo luogo ameno e popoloso di genti laboriose che col crimine hanno scarsa confidenza, scriveva, oso pensare di poter servire meglio la giustizia altrove e ambisco umilmente chiedere il trasferimento verso una pretura che sia di primo grado.

Con questo mi dichiaro servo vostro

pretore Alceste Sacaraffia

Stavano male in due, quella mattina, in casa Feneroli. Il podestà in persona, poiché dalla mezzanotte in avanti era sotto un attacco acuto di gonagra. E il cane di famiglia, che aveva gli intestini in subbuglio a causa del fetido tortino.

Pure il giannizzero che scortava Lepido patì non poco l’onda lunga che solcava il lago e più di una volta, dimenticandosi la consegna di stretta sorveglianza, abbandonò il carcerato in prua onde recarsi in poppa per tentare di liberarsi, senza nemmeno troppa discrezione, con versi belluini, della frettolosa colazione che aveva ingollato prima di partire.

Lepido, nonostante i ceppi, si era goduto il viaggio. Inalando le arie fresche del mattino aveva perduto la cognizione del tempo e gli era sembrato, una volta giunto a Como, che fosse volato. Era conscio di essere carcerato. Ma stava bene, si sentiva, come dire?, in pace. Sin dal pomeriggio precedente quando, emessa la sentenza, il Sacaraffia l’aveva consegnato al Manichetta e questi al carceriere Nuvoletti, Lepido aveva cominciato ad avvertire quel senso di benessere.

Nella galera, silenzio e solitudine. Che pacchia! Nessuno che gli facesse domande, che gli chiedesse cose. Così che lui aveva potuto starsene zitto. E poi, fatto non disprezzabile, aveva anche mangiato dopo due giorni di digiuno: una cena succulenta, brasato del Crachen, il cui profumo l’aveva messo nella disposizione di spirito necessaria per cominciare a riflettere su ciò che a suo giudizio era la chiave di volta di tutta la sua avventura: che fine avevano fatto le braghe del magnano?

Ne aveva di tempo, sei mesi, per ricomporre in assoluta tranquillità quella giornata, sgranarla minuto per minuto, gesto per gesto…

Non aveva bisogno d’altro, silenzio e solitudine, e cibo sostanzioso.

Toccò alla ex balia Nutrimento scendere nella corte per cercare di capire cosa bollisse in testa alla Diomira.

Da quella famosa notte di buio impenetrabile erano passati ormai tre giorni e la donna non s’era fatta più viva. Nemmeno alla messa domenicale. Non aveva aperto porta né persiane.

«Ohi la Diomira!» gridò la ex balia sotto l’occhio vigile della Teresotta. «Che vi succede?» Poiché al richiamo Nutrimento non percepì alcuna risposta, la colse il timore che la catena di disgrazie non fosse ancora terminata, che un’altra morte si andasse ad aggiungere a quelle già avvenute… Tentò la porta della casa, la trovò aperta, cacciò la testa nello spiraglio e vide la Diomira… «Ohi, la Diomira», mormorò.

La Teresotta, che non aveva perso una mossa della ex balia, sgranò allo spasimo l’unico occhio buono quando questa uscì dalla casa.

Quell’occhio spiritato chiedeva: cosa succede?

Al che l’ex nutrice, che da qualche minuto, nonostante le tette vizze, nonostante l’ultimo infante che aveva allattato fosse di già campione nel sollevare i sacchi che arrivavano al molo coi comballi, si sentiva di nuovo balia a



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