La bestia: Un romanzo della confraternita del pugnale nero (Italian Edition) by J. R. Ward

La bestia: Un romanzo della confraternita del pugnale nero (Italian Edition) by J. R. Ward

autore:J. R. Ward [Ward, J. R.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2017-02-23T23:00:00+00:00


Capitolo 35

Mentre l’alba si affacciava minacciosa a oriente e la luce rosata dell’implacabile palla di fuoco nel cielo si raccoglieva in una linea sottile all’orizzonte, Zypher era fermo accanto alla carcassa bruciata di un’auto in uno dei tenebrosi vicoli di Caldwell.

Tutto intorno a lui si era radunata la Banda dei Bastardi, i corpi tesi e nervosi, le armi rinfoderate ma le mani pronte a estrarle.

«Questa era la sua ultima posizione» disse Balthazar.

Sì, pensò Zypher, lo sapevano tutti. Avevano iniziato da lì la sera prima al tramonto, quando Xcor non era rientrato al loro nuovo quartier generale, che adesso dovevano abbandonare. Tutto lasciava supporre che il loro capo fosse rimasto ferito gravemente in uno scontro, lì o altrove, e che lui e il suo telefono fossero stati presi in custodia dalla Lessening Society o dalla Confraternita del Pugnale Nero.

Era anche possibile che Xcor, ferito, si fosse trascinato fino a qualche nascondiglio per poi spirare, vuoi per cause naturali vuoi per l’esposizione al sole; il cellulare poteva essere andato in fumo insieme a lui o rubato dopo la sua morte; considerati i nemici che si trovavano a fronteggiare, tuttavia, era incauto confidare in una ipotesi simile. Meglio supporre che fosse stato catturato. Torturato. Ed eventualmente costretto a parlare.

«Xcor non vorrebbe una lapide commemorativa» disse di slancio Zypher.

«Già» concordò qualcuno. «E dev’essere entrato nel Fado schiumante di rabbia.»

Il commento venne accolto da una risata collettiva, ma Zypher si chiese se il loro condottiero, o uno qualunque di loro, avrebbe avuto accesso a quel santuario celeste o se invece, a causa delle sue malefatte, sarebbe stato scacciato… relegato in eterno nel Dhunhd, il sinistro parco giochi dell’Omega.

In ogni caso decise che il vicolo era il luogo adatto per quel rito funebre, i resti della vecchia auto una pietra tombale appropriata, l’anonimato il giusto sigillo all’esistenza di Xcor. Dopotutto, pur avendo combattuto per secoli al suo fianco contro i lesser, non poteva dire di aver mai veramente conosciuto il suo compagno d’armi.

No… non era del tutto vero. Aveva avuto modo di conoscere la crudeltà e l’astuzia calcolatrice del loro capo, sia al campo di addestramento militare sia in seguito, quando erano diventati nomadi con alloggi temporanei, e anche successivamente, quando si erano stabiliti in un castello fortificato nel Vecchio Continente.

E c’era anche stato quell’unico momento privato, dopo che Xcor aveva pugnalato Throe – e si era punito per quel gesto.

«Ora che facciamo?» chiese Balthazar.

Dopo qualche istante di silenzio, Zypher si rese conto che tutti guardavano lui.

Avrebbe preferito che ci fosse un cadavere, così la via da seguire sarebbe stata più chiara. Al momento, pur con tutti gli indizi che puntavano in una certa direzione, assumere il comando del gruppo gli pareva un atto di insubordinazione.

Eppure non c’era nient’altro da fare.

Zypher si stropicciò la faccia con la mano guantata. «Dobbiamo dare per scontato che la nostra base ormai è compromessa o che lo sarà tra breve. Dobbiamo anche distruggere tutti i cellulari. Dopodiché attenderemo per qualche tempo… prima di tornare nel Vecchio Continente. Laggiù c’è una vita degna di essere vissuta.



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