Amazzoni 01 Amistad: La figlia della luna by Francesca Redeghieri

Amazzoni 01 Amistad: La figlia della luna by Francesca Redeghieri

autore:Francesca Redeghieri [Redeghieri, Francesca]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2017-10-10T22:00:00+00:00


21

Come se fosse un gioco del destino

Bastò un attimo perché il sangue cominciasse a ruggirgli nelle vene. Longino strinse la presa delle mani sulla pietra, i palmi sudati si mescolarono alla polvere dei mattoni e un senso d’impotenza gli strinse lo stomaco.

Che cosa avrebbe fatto, adesso?

Lui, che in passato le aveva promesso che mai più nessun romano le avrebbe fatto del male, ora era lì, impotente come mai in vita sua.

«Tutto ciò è una pazzia» disse incrociando gli occhi di Nepote che sogghignava.

«Perché mai?» domandò questi, sporgendosi verso la moglie che rideva compiaciuta dietro un ventaglio piumato. Ostentava la sua ricchezza con vestiti e gioielli che avrebbero fatto invidia a quasi tutte le matrone di Roma.

«Avanti, Longino, vieni qui e goditi lo spettacolo» continuò il dignitario indicandogli uno scranno vuoto accanto al suo.

«Che cosa ci sarà di tanto divertente nel vedere una femmina combattere? Non cerchiamo di renderci più barbari dei germani.»

Doveva pensare in fretta, fare qualcosa.

Una risata nervosa uscì dalla gola di Nepote e il suono del corno gli perforò la testa, entrandogli dentro come una pugnalata. Lui sapeva ciò che voleva dire, era il segnale che dava inizio allo scontro.

Non si mosse di un passo, non andò a sedersi accanto al dignitario romano, non ne aveva la forza. Era come se un peso opprimente gli bloccasse le gambe, tenendolo inchiodato a quella balconata.

I suoi occhi saettavano veloci, scorgendo movimenti indistinti e tremando ogni qualvolta il guerriero di Nepote brandiva le doppie spade e le puntava verso Amistad.

Poi un movimento indistinto nella tribuna sotto la balconata attirò la sua attenzione.

Era Lucio.

Anch’egli si era accorto di chi stava combattendo e lo scrutò con sguardo incredulo. Ma quella distrazione durò poco. Il suo sguardo ritornò su Amistad proprio nell’esatto istante in cui un calcio la colpì in piena pancia, facendola cadere all’indietro nella polvere. Quel gladiatore era un energumeno, di proporzioni epiche. Un titano forgiato nell’arena che si era bagnato nel sangue degli avversari per diventare imbattibile.

Il petto nudo e muscoloso era tagliato a metà da una cicatrice violacea e il volto coperto da un elmo integrale non permetteva di guardargli il viso. Oltre al copricapo, sfoggiava come protezione i gambali e una manica di ferro. Roteava le spade sulla testa mentre gridava, ma più che altro i suoi versi erano grugniti che andavano a infiammare le tribune.

Non c’era ombra di dubbio su chi fosse il prescelto dalla folla.

La Cartaginese, come la chiamava l’oratore, era alla mercé di quell’uomo enorme, scattava veloce e con lo scudo parava i colpi, ma ogni volta che la sua spada colpiva, trovando uno spiraglio per l’affondo, non riusciva a scalfire la carne del suo avversario. Longino la vide avvicinarsi sotto la sua balconata e affannarsi nella disperata missione di colpirlo. A ogni stoccata che le veniva inferta, Longino sentiva una stretta al cuore.

Se solo avesse potuto, con un balzo avrebbe scavalcato la balaustra e si sarebbe gettato nell’arena facendole scudo col suo corpo.

Come avrebbe potuto giustificare un simile gesto? Nessun romano lì presente avrebbe capito ciò che gli stava gravando sul cuore.



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