Æneas by Simone Sarasso

Æneas by Simone Sarasso

autore:Simone Sarasso [Sarasso, Simone]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa, Storia
ISBN: 9788858678343
Google: TBtKCAAAQBAJ
editore: Rizzoli
pubblicato: 2015-04-14T22:00:00+00:00


Nostra è la furia

La guerra stagnava. Carcassa sotto il sole a picco, marciva da anni senza seccare.

Sette o nove ne erano passati da quella notte maledetta, Æneas non ricordava. Era tornato per affrontare l’Acheo gagliardo. Ma non era successo.

Non ancora.

Achille girava al largo, si diceva che rimandasse lo scontro con Ettore, non certo con Æneas. Ma lui e il cugino erano una cosa sola, ormai, fianco a fianco sul campo di sangue. Giorno per giorno, anno per anno. Il figlio di Afrodite aveva messo da parte la compassione, era mutato in una lama affilata. Incredibile a dirsi, era secondo per numero di nemici uccisi solo a Ettore. Il prediletto di re Priamo sembrava nato per la guerra. Ettore magnanimo si tramutava in strumento di morte non appena indossava l’elmo lucente. In campo aperto non aveva pari sul carro, domava i cavalli reggendo le briglie con i denti, scagliava l’asta poderosa a due mani. Ettore illustre amava il cugino, parlava spesso del valore di Æneas di fronte al re suo padre. Il cuore del sovrano era stretto in una morsa d’aculei ogni volta che i due uscivano a mietere corpi. Ma l’unico corpo che interessava a Æneas, la ragione della sua devozione cieca al gioco di Ares, era scomparso. Nessuno, mai, osò apostrofare Achille di codardia. Ma presto tutti si chiesero perché il biondo favorito dagli dèi avesse smesso di combattere.

«È per colpa di una donna» disse Paride una sera mentre beveva vino forte con i fratelli intorno al fuoco.

«Taci» lo zittì Æneas. Da quando era tornato gli aveva rivolto a malapena una decina di parole.

Una all’anno, forse meno.

«È la verità!» insistette il rapitore di regine.

«Ti ha detto di tacere» lo rintuzzò Ettore. E per quella notte il biondino dagli occhi viola non parlò più. Ma aveva ragione: se c’era uno che la sapeva lunga in fatto di femmine, quello era Paride. Dormiva ogni notte tra le cosce di Elena, di giorno ascoltava i pettegolezzi che filtravano dal campo alle stanze della sovrana. Agamennone aveva perso la testa per una schiava, era successo prima che la peste rosolasse il campo degli Achei. Una preda di guerra, la figlia di un sacerdote d’Apollo. Il signore d’Occidente l’aveva vista durante una razzia e invece di scannarla l’aveva portata con sé al campo. Il padre della ragazza, infuriato, aveva chiesto aiuto al nume. E quello aveva sommerso le armate d’Achaja di nero.

Bubboni e topi, putredine e cauterio. Per mesi anche i migliori sputarono l’anima sudando giallo. Il re non sapeva cosa fare, e interpellò Calcante l’indovino, il quale gli spiegò che c’era un torto da riparare. La ragazza andava restituita al legittimo padre. Finché questo non fosse accaduto, il morbo avrebbe continuato a imperversare.

«Un sacrificio immenso, che me ne viene in cambio?» domandò il wanax di Micene al vate.

«La salvezza del tuo popolo» gli rispose quello, come fa il maestro con l’allievo cocciuto.

«Quella è per tutti, ma io solo ci perdo. Se lei non scalderà più il mio letto, sento che appassirò. Rispondimi, addomesticatore d’oracoli: qual è il mio risarcimento?»

Calcante alzò le spalle.



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