(Cronache di Siala 01) Harold il ladro by Aleksej Pechov

(Cronache di Siala 01) Harold il ladro by Aleksej Pechov

autore:Aleksej Pechov [Pechov, Aleksej]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantasy
ISBN: 978-88-347-1621-2
editore: Fanucci
pubblicato: 2010-05-14T16:00:00+00:00


17

Nuove conoscenze

«Lotti contro l’Oscurità che dimora in te?»

Tirai un sospiro di sollievo.

Dopotutto, nel nostro mondo peccaminoso e tollerante c’erano sempre delle cose che non cambiavano mai. Il vecchio, di età così avanzata da essersi ridotto pelle e ossa, era sempre di fronte ai cancelli della cattedrale. Il suo collega si trovava dall’altro lato, dormiva in piedi e rischiava di svenire e crollare a terra da un momento all’altro.

«Io anniento l’Oscurità» risposi.

«Allora entra e rivolgiti a Loro» disse il vecchio sonnolento ridestandosi di colpo.

È incredibile cosa riesca a fare la forza dell’abitudine!

«Credo che lo farò durante il giorno. Perché disturbare gli dèi per delle sciocchezze?» dissi ridendo sotto i baffi.

«Ben detto» rispose il primo sacerdote. «Gli dèi si stufano delle nostre richieste stupide e delle preghiere.»

«Be’, ci vediamo.» Feci un cenno ai due vecchi e mi rimisi in cammino.

«Anche tu sei un fedele di Sagot?» mi disse il primo uomo.

«Sì» gli urlai senza voltarmi, ma poi mi bloccai di colpo e mi girai per osservarlo direttamente in viso. «Cosa intendi per ‘anche’?»

«Non più di cinque minuti fa sono arrivati dei tipi. Ci hanno chiesto dove poter trovare il rifugio del Protettore delle Mani, il sacerdote For. Anche tu sei uno di loro?»

Non gli risposi. Scattai all’improvviso più veloce che potei verso il santuario. Non mi piace quando la gente viene a cercare il mio maestro nel cuore della notte.

Ogni angolo della cattedrale era illuminato da lampade a olio. La calda notte di giugno era silenziosa e serena. C’era solo un grillo solitario che friniva allegramente sotto un cespuglio, un piccolo concerto dedicato a chi non voleva dormire. Anche se correvo, sapevo che poteva essere troppo tardi. Chiunque fossero le persone in cerca di For, dovevano aver già fatto ciò che volevano. Io però ero spinto dall’insana speranza che tutto sarebbe andato nel migliore dei modi, anche se mi resi conto che era impossibile.

La statua del cavaliere, immortalato nell’eterna lotta contro l’ogre, mi balenò accanto come un fantasma, di quelle degli dèi vidi solo facce e sagome indistinte. Il sentiero curvava a sinistra, ma io proseguii dritto attraversando un’aiuola, schiacciando i petali afflitti dei pallidi fiori blu addormentati.

Avanti, avanti!

L’oscurità dell’arco mi avvolse e mi proiettò fuori dalla parte opposta. Arrivai alla dimora di Sagot, e mentre continuavo a correre afferrai la balestra dalle spalle. L’odioso sudore iniziò a cadermi sugli occhi e non riuscivo a vedere bene o - peggio - a mirare bene. La porta che conduceva alle stanze di For...

Troppo tardi. La porta non c’era più. Era stata fatta a pezzi, ridotta a un cumulo di tavole buttate per terra. Entrai di soprassalto - un errore stupido, non lo nego, ma in quel momento non ero in grado di ragionare.

Fui accolto da delle armi. Una dozzina di spade sguainate e un paio di lance pronte ad affondare nella carne di Harold da ogni direzione. Essermi fermato di colpo mi aveva salvato la vita. Insieme, ovviamente, all’urlo fragoroso di For:

«Che nessuno si muova! È uno dei nostri!»

Rimasero tutti immobili, solo allora riuscii a vedere che gli uomini minacciosi che avevo davanti erano i sacerdoti di Sagot.



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