D'amore e di rabbia by Giusy Sciacca

D'amore e di rabbia by Giusy Sciacca

autore:Giusy Sciacca [Sciacca, Giusy]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


Intermezzo

Dalla parte di Rosario

Quannu c’è l’arcu i matina,

pigghiti a coffa e va simina.

(Quando c’è l’arcobaleno di mattina,

prendi la sporta e vai a seminare.)

Lentini, settembre 1919

«Santina, prenditi questa bambina!»

Ninetta strillava a occhi asciutti dal fondo di una cesta che le faceva da culla. Non erano tutti come Gesú Bambino i piccoli? E allora cosí era giusto che li tenessero, in una cesta imbottita di lenzuola consumate, per farli sentire piú vicini a Lui. Santina lo spiegava sempre a Rosario, che in ogni sorriso c’era quello innocente del Bambinello.

«Santina, vienitela a prendere!» insisteva la voce maschile dal retrobottega.

Dall’angolo opposto, Rosario, immobile, fissava il padre. Alfio era serio e non staccava l’unico occhio sano dal guscio di una mandorla conficcata tra le venature che sventravano il legno, oramai cotto, del tavolo.

L’altro gli era rimasto a Gorizia, sotto il colpo sfuggente di una mitragliatrice austriaca che gli aveva portato via anche parecchi compagni. Per questo Alfio era rientrato a Lentini poco prima che il Paese festeggiasse la fine della guerra.

Rosario si chiedeva perché non la prendesse lui, la bambina, che era seduto, anziché sua mamma che era impegnata a lavorare, ma non aveva il coraggio di pronunciare quella domanda.

Santina si destreggiava tra la bottega e il marciapiede, sul quale insaccava frutta secca e poi correva a pesarla sui piatti della bilancia.

«Aspetta! Svuoto il sacco e me la prendo».

Santina neanche ci provava a rilanciare l’incombenza, nonostante fosse da sola a faticare. Quindi buttò un lungo sospiro graffiato di stanchezza e rientrò in casa. Sollevò la bimba avvolgendola tra due panni e la ninnò per un pochino. Ninetta l’aveva chiamata, perché cosí aveva promesso a sua sorella Antonietta prima che lei chiudesse gli occhi. La piccola annusò il seno della madre e Santina non si sottrasse neanche a questo.

«Vado a prendermi due fichi. Non ti muovere che ti devo parlare».

Il tono di Alfio sembrava molto serio. Il movimento della testa di Santina si era già accordato al dondolio delle sue braccia, cosicché annuí.

«Che hai Rosario?» si rivolse nel frattempo al bimbo, che la osservava trattenendo ancora quella curiosità.

«Se ti domando una cosa ti arrabbi?»

«E perché mi devo arrabbiare, gioia mia? Che sei geloso della sorellina? È piccola, Rosario...»

«No, no. Io ci voglio bene a Ninetta. Però... Perché papà non la prende mai in braccio e se piange se ne va?»

«Perché...» sospirò. «Perché di pianti e dolori tuo padre pure troppi ne ha visti. Lui ha il cuore molle e con i bambini non sa neanche da che parte cominciare. Sa solo lavorare, quello che purtroppo...»

«Quello che purtroppo non c’è» completò Alfio affondando con la bocca nella polpa violacea di un fico d’india.

«Anche se la terra ci chiama. Talè! I fichi lo stesso crescevano anche quando c’era la guerra e continuano a crescere pure adesso che i signori ci scacciano dalle terre! Questa è benedizione del Signore e proprio Lui se ne fotte dei signori con i soldi!»

«Non parlare cosí davanti al bambino, Alfio! Non ti angustiare. Siediti, che domani proprio, se vuole Dio, comincia a cambiare il vento».



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