Di questi tempi: Un inno alla vita per riscoprire la gioia di ogni giorno by Alberto Maggi

Di questi tempi: Un inno alla vita per riscoprire la gioia di ogni giorno by Alberto Maggi

autore:Alberto Maggi [Maggi, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Self-Help, Personal Growth, General, Religion, Christian Life
ISBN: 9788811604297
Google: w7xaDwAAQBAJ
editore: Garzanti
pubblicato: 2018-05-30T22:00:00+00:00


NELLE MANI DI DIO

Comunemente con l’accompagnamento di un sospiro di rassegnata impotenza, quando ci si trova in una situazione nella quale non si vedono sbocchi, alternative possibili, o quando si è ormai perduta ogni speranza, si suole invocare l’intervento divino esclamando: «Siamo nelle mani di Dio!».

Stranamente la stessa espressione non si usa quando ci si trova nella gioia, nella felicità, nel benessere. Eppure si è sempre nelle mani di Dio, e queste non intervengono solo in extremis per salvare l’uomo da situazioni disperate, ma lo accompagnano e sostengono in tutta la sua esistenza.

Se si potesse leggere la vita in una diversa prospettiva, più positiva, forse si comprenderebbe meglio il significato di «essere nelle mani di Dio». Nel Libro del Siracide le mani del Signore sono strettamente collegate alla sua misericordia (Sir 2,18), mettendo in relazione l’agire divino con la sua compassione per l’uomo. Essere nelle mani di Dio indica protezione (Qo 9,1; Sap 3,1). La mano di Dio su una persona è quella che guida il profeta nella sua missione (Ez 8,1-3) ed è garanzia di mandato divino, protezione («Poiché la mano del Signore, suo Dio, era su di lui», Esd 7,6) e segno di benedizione («La mano del nostro Dio è su quanti lo cercano, per il loro bene», Esd 8,22). Mentre essere nelle mani degli uomini significa essere catturati, le mani di Dio, al contrario, sono quelle che non trattengono, ma liberano, non chiedono, ma donano.

È chiaro che il Signore, non avendo un corpo, non ha neanche le mani, e queste sono solo un’espressione figurata del suo agire sull’umanità. Le uniche mani divine che si conoscono sono quelle di Gesù, le mani del Padre sono le sue mani (Gv 10,28-29), mani che hanno curato, guarito, sostenuto, confortato, aiutato. Quando Gesù stende la mano non è mai per colpire, ma per purificare (Mt 8,3), per salvare (Mt 14,31), per risuscitare e rianimare (Mc 5,41; 9,27), per benedire (Mt 19,13), per guarire (Mc 6,5; 7,32), per restituire la vista (Mc 8,23-25). Gesù ha ricevuto uno schiaffo (Gv 18,22), ma la sua mano non ha mai schiaffeggiato nessuno.

Quando il Cristo risuscitato si manifesta ai suoi discepoli, le prime parole che pronuncia sono: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21). Quello di Gesù non è un augurio («La pace sia con voi»), ma un dono. Nella cultura ebraica la pace indicava tutto quel che concorre alla felicità della persona, alla sua pienezza di vita (Gb 22,21). La pace che Gesù aveva promesso («È la pace, la mia, che io vi do», Gv 14,27) ora la dona ai suoi discepoli. Ma perché questa pace diventi efficace e operativa, Gesù l’accompagna con gesti che la rendano concreta; per questo mostra le mani (Gv 20,20), le mani del Crocefisso, che portano indelebili il segno dei chiodi (Gv 20,25). La pace che Gesù dona scaturisce dai segni del suo amore per i discepoli. Quell’amore che ha fatto sì che lui si consegnasse dando la vita per i suoi («Se cercate me, lasciate che questi se ne vadano», Gv



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