Empowerment urbano by AA.VV

Empowerment urbano by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il Centro di consultazione culturale e l’apporto antropologico

All’interno del Centro di consultazione culturale si è cercato di sperimentare una metodologia di intervento che rendesse operativo un approccio alla complessità e alle molteplici dimensioni che attraversano le esperienze di migrazione e di malattia. Se queste non possono essere affrontate in modo settorializzato e specialistico, se non a scapito di esiti inefficaci, è necessario allora pensare a strumenti di contaminazione disciplinare e di riorientamento dei servizi.

A differenza di altre esperienze maturate in questi anni, basate principalmente sulla presa in carico dei pazienti, il Centro di consultazione culturale non si rivolge direttamente all’utenza, ma si caratterizza come servizio di consultazione per i clinici e gli operatori che si confrontano con le problematiche all’incrocio tra cura, società e cultura. La scelta precisa di non fornire un servizio dedicato con competenze specifiche per una fascia di popolazione ha alla base diverse questioni e riflessioni. Innanzitutto l’idea che le criticità che sorgono nel rapporto con lo straniero abbiano una valenza più ampia che riguarda l’intera popolazione. Molto spesso, infatti, come abbiamo evidenziato sopra, le problematiche tra servizi e pazienti riguardano questioni sociali che includono diritti di cittadinanza, distribuzione delle risorse, equità nell’accesso ai servizi che interessano le fasce più vulnerabili della popolazione, di cui i migranti costituiscono solo una parte. La differenza culturale si costituisce allora solo come mero amplificatore di questioni sociali più ampie, per le quali non si necessita di una semplice competenza culturale all’interno di un servizio esperto in migrazione, se non nel senso ampio che finora abbiamo evidenziato. Ciò comporta anche un necessario sradicamento dal principio secondo cui certe forme di sofferenza riguardano gli immigrati in quanto tali, quasi in una connotazione ontologica, non evidenziando l’eziopatogenesi nella strutturazione sia sociale che dei servizi. A tutto ciò si aggiungono gli inesorabili esiti stigmatizzanti ed escludenti che la strutturazione di servizi dedicati può generare.Emerge piuttosto, quindi, la necessità di formare gli operatori e i professionisti a una visione complessa della malattia, che per essere trattata deve portare necessariamente anche a un ripensamento del servizio per come oggi è strutturato, aprendo la strada alla concertazione tra le diverse professionalità.

Si ritiene, per tal motivo, che una restituzione agli operatori della molteplicità dei determinanti e delle implicazioni alla malattia non possa esulare da un intervento di tipo multidisciplinare. Il ruolo delle singole aree coinvolte, d’altronde, è quello della prospettiva esperta che sia aperta alla connessione e all’ibridazione con le diverse forme di conoscenza, volta a restituire ai servizi invianti la trama di relazioni implicite ed esplicite, a livello più micro o macro, presente in ogni storia di sofferenza.

Per questo, nella logica dei servizi dove si tende ad appiattire la patologia sulla definizione del sintomo, dove la certezza della diagnosi sembra essere il catalizzatore di tutte le questioni, la sfida molte volte è quella di provare a ridefinire insieme con gli operatori le domande da porci rispetto alle diverse prospettive che guardano alla sofferenza. Si cerca così di ricostruire intorno al paziente, e con il paziente, il gioco



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