L'etica del viandante by Umberto Galimberti

L'etica del viandante by Umberto Galimberti

autore:Umberto Galimberti [Galimberti,Umberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-09-05T00:00:00+00:00


6. L’interesse dell’algoritmo è limitato a come l’uomo funziona

Che cosa significa funzionare? Acquisire le competenze utili alla vita adulta che, essendo per noi occidentali regolata dall’economia che, come abbiamo visto nel capitolo 18, detta le leggi alla politica, funzionare significa rispondere all’efficienza economica anche con le “risorse umane”, dove già nella definizione dell’uomo come “risorsa” si vede a cosa l’algoritmo riduce l’uomo.

E allora perché meravigliarsi di fronte alla domanda dello studente che chiede a cosa serve studiare greco, latino o filosofia? Questa domanda segnala che la logica algoritmica è già diventata mentalità diffusa. E per effetto di questa mentalità, la scuola, invece di essere una scuola di formazione, diventa una scuola di apprendimento di competenze. Non più una scuola al servizio del sapere che ha in se stesso il proprio fine come realizzazione ed emancipazione della condizione umana, ma una scuola al servizio delle richieste dell’economia, per cui, come scrive Jean-François Lyotard:

La domanda più o meno esplicita che si pongono lo studente aspirante professionista, lo Stato o l’istituzione di insegnamento superiore non è più: è vero? ma a che serve? Nel contesto della mercificazione del sapere, tale domanda significa nella maggior parte dei casi: si può vendere? E nel contesto dell’incremento di potenza: è efficace? Ebbene la formazione di una competenza performativa sembra essere sicuramente vendibile ed è efficace per definizione. La velocità ne è l’attributo. Ciò che non lo è più, è la competenza definita in base ad altri criteri, quali vero/falso, giusto/ingiusto.

La delegittimazione e il prevalere della performatività suonano a morte per l’era del professore. Costui non è più competente delle reti di memoria per la trasmissione del sapere stabilito, né è più competente delle équipe interdisciplinari per inventare nuove mosse o nuovi giochi.13

Avvertire la distanza che esiste tra il mondo-della-vita e il mondo digitale non significa delegittimare l’intelligenza artificiale, ma non smarrire la singolarità e la specificità che caratterizza ogni vita umana e in generale tutto ciò che di essa non è traducibile in un algoritmo.

Questo è possibile solo mantenendo la distanza tra i due poli (il digitale e la realtà), senza farsi colonizzare dal riduzionismo digitale nella falsa supposizione che il digitale riproduca la realtà, e così negare che esista una realtà ben più complessa al di fuori del modello digitale che ritiene di averla semplificata. In questo caso, infatti, non di semplificazione si tratterebbe, ma di negazione della complessità della natura e della vita umana, perché solo una smodata pigrizia intellettuale può pensare che l’intelligenza umana sia riducibile ai responsi di quella che oggi chiamiamo, forse con un po’ di esagerazione, “intelligenza” artificiale.



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