Favole dal mio rifugio antiaereo by Oleksij Čupa

Favole dal mio rifugio antiaereo by Oleksij Čupa

autore:Oleksij Čupa [Čupa, Oleksij]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni Centro Studi Erickson
pubblicato: 2023-10-15T00:00:00+00:00


* * *

Stava pisolando, provata da quella giornata caldissima. Le scene dei libri non avevano smesso di ossessionarla anche in sogno, nonostante le storie fossero cambiate non poco. Erano storie di sartine e contadini, cosacchi e fatine incantate, che ora, finalmente, avevano trovato la pace. Se ne stavano seduti sulle loro sdraio sotto le palme con i piedi immersi nella bianca sabbia di Capo Verde a sorseggiare cocktail da bicchieri alti mentre il sole, che si stava ritirando dietro l’oceano, mandava i suoi raggi ormai miti a danzare leggiadri sui loro volti stanchi, ma felici. Come avesse fatto un quadro del genere a raggiungere il suo subconscio e perché fosse assolutamente convinta che si trattasse proprio dell’isola di Capo Verde Ol’ha Mykytivna non era in grado di spiegarlo. Lo sapeva e basta.

Aveva appena fatto un sogno così. Un baldo giovane pieno di cicatrici si stava bevendo qualcosa di colorato da un bel bicchiere, seduto a pochi metri dall’oceano. Contemplava l’acqua trasparente, ascoltava il fruscio delle foglie di palma e si toccava le ferite sulle spalle. La sua spada ricurva, che si era procacciato durante una campagna in Turchia, se ne stava conficcata nella sabbia. La sua ombra si muoveva lentamente, facendosi sempre più lunga.

Improvvisamente si sentì un forte rumore metallico. Il cosacco infilò la mano sotto la sdraio e ne tirò fuori una vecchia sveglia. Poi schiacciò un tasto e quel suono si interruppe. Allora lanciò via la sveglia, che però si mise subito a suonare di nuovo.

La signora Rojal’čuk aprì gli occhi. Quello sferragliare così fastidioso e insistente non voleva abbandonarla. Diede un’occhiata nella stanza, ma di sveglie non ce n’erano proprio. Si strofinò gli occhi e si rese conto che stavano suonando alla porta.

«Sto arrivando, Borys, sto arrivando!».

Quando Ol’ha Mykytivna aprì la porta senza nemmeno controllare chi fosse dallo spioncino, quel suono sparì, ma quello sul pianerottolo non era Borys. Al posto suo c’erano due omoni grandi e grossi, identici di viso e di corporatura, tutti e due in tuta da lavoro blu fresca di tintoria. Uno era rasato, l’altro aveva una bella barbetta di tre giorni. Quest’ultimo teneva in mano una valigetta.

«Chi siete?», chiese spaventata Ol’ha Mykytivna.

«Ha chiamato l’idraulico, giusto?», le chiese quello con la barba.

«Sì che l’ho chiamato, domenica mi si è rotto un rubinetto».

«Ecco, siamo noi», le comunicò quello rasato.

«E da quando gli idraulici si presentano il sabato alle due del pomeriggio?», domandò la signora Rojal’čuk, guardando prima l’orologio da parete e poi i due gemelli.

«Nonnina — le rispose quello con la barba —, ci dica un po’, secondo lei non abbiamo niente di meglio da fare che passare il sabato pomeriggio a suonare a casa degli altri, oltretutto con addosso questa roba sintetica in una giornata così calda?».

Ol’ha Mykytivna li soppesò con lo sguardo e si spostò per farli entrare.

«Nonnina sarai tu», disse in tono scherzoso al barbuto.

I gemelli entrarono in casa, attraversarono il corridoio e si fermarono davanti alla porta del bagno.

«Qui?».

«No no, cari, in cucina».

«Ah».

Pochi minuti dopo quello rasato aveva già smontato il rubinetto della cucina e stava armeggiando al lavandino.



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