Filologia e linguistica dell'Italia unita by Alfredo Stussi

Filologia e linguistica dell'Italia unita by Alfredo Stussi

autore:Alfredo, Stussi [Stussi, Alfredo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filologia, Studi e Ricerche
ISBN: 9788815318442
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2014-10-14T22:00:00+00:00


Non essendo identificabile l’«iscrizioncella» di cui si occupava Mussafia, non è chiaro se con essa abbiano a che fare tutti e due i successivi quesiti lessicali sottoposti a Flechia. Comunque sia, si può confermare che, nell’àmbito dei dialetti italiani settentrionali, rospo pertiene al Veneto, come ben risulta dalla carta 455 dell’AIS[3]. Più complessa la questione di monte Baldo, il massiccio disposto lungo la riva destra dell’Adige parallelamente alla riviera nord-orientale del Garda, tra Brenzone e Malcesine. Dunque non a torto Flechia è molto prudente: sembra escludere baldus nel significato di ‘calvo’, un’ipotesi che non è dato sapere se sia di Mussafia o da lui attinta altrove. Certo è che circa dieci anni dopo il collegamento di baldus all’inglese bald e al tipo ‘Monte Calvo’ fu sostenuto da Costantino Nigra, ma senza persuasivi argomenti linguistici e senza nemmeno spiegare come mai sarebbe stato chiamato ‘calvo’ un monte da sempre rinomato per la sua ricchezza floristica[4]. In alternativa, che baldus avesse in quel composto «il solito significato della parola», cioè ‘forte’, ‘gagliardo’ e simili, pareva a Flechia difficile da sostenere. Pochi anni dopo Christian Schneller pensò a nome di persona germanico: appoggiandosi alla presenza del borgo Castelbaldo lungo il basso corso dell’Adige nel padovano e delle rovine d’un castello Paldo presso Tierno sulle pendici settentrionali del monte Baldo, prospettò con prudenza l’ipotesi che a quest’ultimo si fosse estesa la designazione originariamente riservata a un ‘castello di Baldo o Paldo’; in subordine aggiunse che poteva trattarsi di «kühn angelegt», «stark», detto sempre del castello e poi esteso al monte, col che, senza saperlo, dava una mano a Flechia. Tuttavia in prima istanza e con maggior convinzione Schneller aveva pensato che in monte Baldo comparisse Wald di Waldberg nella forma che era propria dei germanofoni di tipo bavarese insediatisi in epoca tardomedievale «auf den Gebirgen am linken Etschufer»[5].

Quanto al resto, con Annotazioni genovesi Salvioni fa riferimento, usando la forma abbreviata del titolo corrente, alla monografia di Giovanni Flechia Annotazioni sistematiche alle Antiche Rime Genovesi (Archivio, II, 161-312) e alle Prose Genovesi (Archivio, VIII, 1-97), pubblicate nell’«Archivio glottologico italiano», VIII, 1882-1885, pp. 317-406, la cui continuazione nel volume X, 1886-1888, pp. 141-166 si concludeva infatti con la seguente nota 2: «Manca ancora il § IV (‘Varia’)», che doveva essere riservato evidentemente a quanto non era rientrato nella trattazione di Lessico, Scrittura e Fonologia, Morfologia, Funzione e Sintassi[6]. Questo quarto paragrafo non sarebbe stato mai consegnato, ma nemmeno Salvioni avrebbe portato a compimento il lavoro cui allude, col titolo provvisorio di Illustrazioni, alla fine della lettera: le Annotazioni sistematiche alla «Antica Parafrasi Lombarda del Neminem laedi nisi a se ipso di S. Giovanni Grisostomo» (Archivio VII 1-120) e alle «Antiche scritture lombarde» (Archivio IX 3-22), pubblicate nell’«Archivio glottologico italiano», XII, 1890-1892, pp. 375-440, proseguono nel volume XIV, 1898, pp. 201-268, dove si legge un finale [Continua] cui nulla poi corrispose[7].

Inadempienze e ritardi, questi di Flechia e Salvioni, di ben lieve entità rispetto a quanto capitò a Bernardino Peyron[8], il quale – scrive Salvioni – nel febbraio 1887 aveva «in pronto il catalogo dei cod.



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