Postverità by Anna Maria Lorusso

Postverità by Anna Maria Lorusso

autore:Anna Maria Lorusso [Lorusso, Anna Maria]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Universale Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2018-05-17T22:00:00+00:00


3.2. La necessità di un accordo

L’idea che esistano dei fatticci non implica – lo ripeto – che non esistano realtà in sé ma solo interpretazioni, né che tutte le interpretazioni si equivalgano. I fatticci non sono affatto interpretazioni in libertà.

L’idea che non ci siano fatti ma solo interpretazioni si fa risalire al Nietzsche di Su verità e menzogna in senso extramorale (1873). Nietzsche lì procedeva dall’osservazione che, a partire da determinati stimoli, l’uomo si accontenta di un «gioco tattile» con le cose. Si affida cioè all’immaginazione, all’invenzione, alla finzione, per fare fronte a una realtà complessa, spesso ingrata, difficile da capire. La natura «gli tace quasi tutto», «ha gettato via la chiave» (Nietzsche 2015, p. 127), ma l’essere umano deve sopravvivere e garantirsi un’esistenza sociale («l’uomo vuole esistere anche socialmente»), una convivenza pacifica con gli altri, e così fissa una certa idea di verità, «si inventa una definizione delle cose uniformemente valida e vincolante» (ibid.).

La verità quindi non è corrispondenza alla realtà, all’«essenza delle cose», perché questa non la conosciamo; non è accessibile. La verità è piuttosto una finzione, un adattamento (anche un po’ abbellito e semplificato) al mondo, una definizione strategica per gestire la propria vita, individuale e sociale. Potrà succedere che di questa natura finzionale del vero l’uomo si dimentichi, auto-convincendosi di avere a che fare con una verità assoluta, ma sarà solo un’illusione: la verità resta intangibile e il nostro linguaggio resta limitato ai suoi «fingimenti».

Col nostro linguaggio – l’unico strumento che abbiamo a disposizione per avere una relazione con gli altri e col mondo – mettiamo insieme cose diverse, rinunciamo alla individualità irripetibile delle singole cose e delle singole esperienze, così da forgiare concetti cui si adattino casi più o meno simili; in questo modo creiamo «l’effetto» che al di là delle singole individualità (tante foglie diverse, fa l’esempio Nietzsche) esista una cosa comune («la foglia»). Creiamo cose e sostanze, modelli per semplificarci la gestione del reale.

Attraverso questa catena di osservazioni Nietzsche arriva alla sua celebre conclusione:

Che cos’è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve somma di relazioni umane che sono state trasposte e adornate poeticamente e retoricamente e che, dopo un lungo uso, appaiono a un popolo salde, canoniche e vincolanti. Le verità sono illusioni di cui si è dimenticato che sono illusioni (ivi, p. 131).

In quest’ottica l’obbligo sociale di essere veritieri non è altro che l’obbligo di adoperare metafore usuali, cioè di mentire secondo convenzioni stabilite, secondo uno stile condiviso e vincolante.

In quello che sembra un pessimismo radicale, dunque, troviamo anche una declinazione importante della categoria di verità, che abbiamo già incontrato: l’idea di verità come accordo, idea molto diversa da quella di verità come corrispondenza. Il nostro linguaggio è fallimentare; i nostri schemi concettuali riflettono una versione irrigidita (e in questo falsificata) della realtà. Ma comunque il nostro vivere sociale ci obbliga a concordare su alcune falsificazioni utili, alcune schematizzazioni necessarie.

È una prospettiva che, in questo specifico aspetto, nel vedere cioè l’accordo e l’utilità sociale come cruciali e



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