I delitti della Medusa by Giulio Leoni

I delitti della Medusa by Giulio Leoni

autore:Giulio Leoni
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
Tags: giallo storico
editore: Mondadori
pubblicato: 2006-10-14T22:00:00+00:00


14

20 luglio, dopo mezzogiorno, fuori le mura di Firenze.

Dante e i bargellini avevano trovato senza troppe difficoltà la casa nascosta di Casella, seguendo le generiche indicazioni di Guido, che la collocavano da qualche parte appena fuori Porta al Prato. Il cantore era un uomo conosciuto, e anche se pareva aver abitato in quel luogo con estrema discrezione e cercando di dare nell’occhio il meno possibile, pure non c’era voluto molto per trovarne le tracce. In una zona di piccoli poderi, scarsamente popolata, un uomo che semplicemente apparisse vestito in modo diverso e non svolgesse alcuna attività legata alla terra non aveva alcuna possibilità di passare inosservato. In breve tutti avevano saputo che quel loro strano vicino era un musico molto noto nella città.

Il rifugio di Casella era una costruzione bassa, a un solo piano di legno e mattoni, ricoperta da un tetto di conci e circondata da quello che un tempo doveva essere stato un orto, ma che ora appariva completamente trascurato e incolto. Anche l’edificio non appariva in buono stato, con gli infissi ammalorati e le travi del tetto incurvate dal peso degli anni e delle intemperie: con il suo stato di abbandono sembrava quasi presagire il destino infausto del suo padrone, e come quello aveva assunto ormai l’apparenza di un cadavere esposto alla curiosità dei sopravvissuti.

Ad un ordine di Dante uno dei bargellini aveva forzato con ili r un calcio la porta d’ingresso, il cui vecchio chiavistello non aveva offerto alcuna resistenza. Entrati, avevano scoperto con stupore che la casa era completamente vuota. Sembrava che nessuno vi avesse mai abitato, o piuttosto che qualcuno avesse provveduto a rimuovere ogni più piccola traccia della vita che pure doveva essersi svolta tra quelle mura. Eppure Guido ne aveva parlato come di una abitazione non occasionale, e dal tono della sua osservazione Dante aveva capito che da molto tempo Casella si divideva tra quelle mura e la stanza di città dove era stato ritrovato.

E invece nemmeno un capello sembrava esser sopravvissuto alla ripulitura. Così che ancora più stridente e macabro, sullo sfondo di quel nulla che quasi stordiva la vista, appariva l’unico oggetto rimasto al centro del pavimento dell’unica stanza d’ingresso, davanti al focolare: una grossa daga dalla lama serpentina, ancora coperta di vistose macchie brune, in tutta apparenza di sangue.

Dante fermò con un grido il bargellino che si stava affrettando a raccogliere l’arma. Voleva esaminare con la massima cura eventuali tracce, prima di rimuovere l’oggetto. Si avvicinò lentamente, cercando di non cancellare alcun segno che potesse essere visibile sul pavimento. Ma quello, un tavolato rozzo di assi d’abete, sembrava essere stato lavato con grande cura, tanto che nemmeno una minima traccia di polvere era rilevabile. Concentrò allora la sua attenzione sulla daga. L’oggetto ricordava nella sua forma l’antico gladio dei legionari romani, se non fosse stato per l’andamento ondulato del ferro: una lama larga e corta, ben diversa dalle enormi spade a doppio taglio delle moderne milizie.

Le macchie sulla lama sembravano inequivocabilmente di sangue, su un’arma di foggia inusitata, diversa da tutte quelle in uso in Firenze o nelle parti d’Italia che gli fosse capitato di visitare.



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