I fatti di Palmi. Autodifesa al processo di Catanzaro del 1925 by Leonida Repaci

I fatti di Palmi. Autodifesa al processo di Catanzaro del 1925 by Leonida Repaci

autore:Leonida Repaci
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9791220500784
editore: Luigi Pellegrini Editore
pubblicato: 2022-02-24T00:00:00+00:00


I sette… a Canossa

Sette quanto i peccati capitali sono – o meglio furono – i testi d’accusa contro di me. Di essi oggi non resta più niente; un’ombra, un’eco dolorosamente lontana! Il volto dell’innocente è finalmente reso nella sua gloria, ma quanti patimenti perché fosse rotto il groviglio serpigno! Il vento marzolino ha disperso l’ultima scorie dell’accusa, e quel Filippo Rizzo che aveva accumulate tante contraddizioni, tante ammissioni sul suo cammino è infine anch’esso caduto sui suoi piccoli piedi d’argilla, come gli altri pensosi di se e dell’immane rischio assuntosi. Nella lettera che il 2 Marzo u.s. il Rizzo ha inviata alla Sezione d’Accusa, egli dichiarava a proposito di Leonida Repaci di non poter affermare se egli abbia sparato o no. Dopo tanta feroce insistenza l’agnosticismo del Rizzo è altamente significativo e fornisce la chiave di volta del modo onde è stata imbastita l’accusa contro di me. Accusa che presenta le prime incrinature colla prima venuta a Palmi del consigliere Morbilli e conclude il suo fallimento con la cennata lettera del Rizzo del 2 Marzo u.s.

Inizia la dégringolade quell’Oscar Scimò il quale aveva veduto un pizzo fantastico al mento di chi scrive (teste ing. Giuseppe Pirrottina fol. 472-473 vol. Atti; teste F. Topa fol. 510 vol. testi; teste C. Castellano fol. 508 vol. testi); ed unico e solo in tutto il processo aveva affermato di avermi visto lanciare una sedia. Davanti al consigliere Morbilli egli ritratterà le sue accuse (fol. 10 vol. testi) affermando – è la solita solfa – di non sapere se L. Repaci ha sparato o meno. L’equivoco di trascrizione cui accenna lo Scimò, se è vero, un falso evidente della P. S. Infatti la forma colla quale la P. S. include il nome di L. Repaci (il precitato Repaci) e la susseguente smentita dello Scimò avvalorano questa supposizione.

A smentire la circostanza del lancio della sedia serve il più superficiale esame del processo e la testimonianza di Antonino Basile (fol. 493 vol. testi) al quale lo Scimò confidò di non aver visto nulla.

Allo Scimò segue il dottor Nicola Gentile, il quale in un primo tempo alla P. S. depose di aver visto altresì L. Repaci con una pistola in mano. Il Gentile davanti al giudice Morbilli ritrattò (fol. 113-116 vol. testi). Parla di un individuo vestito di nero col quale avrebbe equivocato, mentre la notte del fatto io ero vestito di grigio (dichiarazione F. Attisani autentica notar Tripodi 30 Gennaio 1926). Come se L. Repaci potesse esser scambiato per un altro a motivo del suo vestito! O tempora, o mores!...

Terza ritrattazione viene quella di Armando Perna sempre nell’Ottobre u.s.

Egli rettifica nella sua deposizione davanti al consigliere Morbilli la sua prima, resa alla P. S. per ciò che riguarda l’arma. Egli dichiara di non esser sicuro di aver visto L. Repaci con l’arma in mano (fol. 130-131 vol. testi). La ritirata iniziata dal Perna e che da sola può dimostrare la nessuna attendibilità delle sue affermazioni e la mia innocenza, è seguita pochi giorni dopo dal suo pietoso suicidio.



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