I nemici degli Italiani by Feniello Amedeo

I nemici degli Italiani by Feniello Amedeo

autore:Feniello, Amedeo [Feniello, Amedeo]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il Francese

Fine Settecento: si vorrebbe che dappertutto riecheggino voci di un tempo nuovo. Magnifico e progressivo. Rivoluzionario. Invece no. Quella che si sente, sale e grida dietro ogni angolo è l’invocazione «Viva Maria!». In un tumulto che aumenta contro altri senza Dio. Contro altri da odiare. Altri nemici, altri barbari. I Francesi.

Non è da maravigliare se i Francesi nell’universale erano qua odiatissimi, e se i nuovi moderatori erano in mala vista della moltitudine [...] la popolazione delle campagne segnalavasi in questi odi, in queste malvoglienze. Affezionata a quell’antico ordine aristocratico, paterno per essa nei suoi effetti col vettovagliarla quando il bisogno richiedeva [...] ignara della nuova filosofia, e vedendo che la libertà e l’uguaglianza avevano portato con sé il disprezzo della religione, a cui era attaccatissima, ed ogni disordine tanto nel civile che nel moral costume (Antonio Mazzarosa, Storia di Lucca dall’origine fino a tutto il 1817, Lucca 1842, p. 186).

I Francesi erano nemici antichi. Cugini, ma fino a che punto? Come ogni parente che si rispetti c’erano affinità con gli Italiani, ma verso di essi anche tanti, tantissimi pregiudizi. Maturati nel tempo, cresciuti insieme alla storia, diciamo da Carlo VIII in poi. Ma ora, dietro questi circa quarantamila soldati mal armati e peggio equipaggiati che varcano nel 1796, ancora una volta, le Alpi, c’è un vento nuovo che li accompagna. Il sospiro violento della rivoluzione. Li guida un giovane generale: Napoleone Bonaparte. Un esercito stracciato, sbracato, senza una forte disciplina ma esaltato, carico di un nuovo messaggio, le idee di libertà ed uguaglianza, di giustizia e non di oppressione. Un esercito nuovo, insomma, che parla di speranza. Di cambiamento. E che lascia migliaia e migliaia di Italiani increduli, ottimisti e confidenti che il futuro sarebbe stato diverso. Quando poi cominciarono a vedere che questo esercito di straccioni le dava di santa ragione agli Austriaci, ai Piemontesi, ai Toscani del Granducato e ai Borboni nel Sud, allora sembrò a tutti che fosse vero: il vento stava cambiando, vorticosamente.

Le città bruciano d’entusiasmo al passare delle nuove truppe. Lo fa Milano. Lo fa Venezia. Lo fanno Parma e Modena. Lo fanno tante altre città del Nord Italia. Questa truppa che sfila poco marziale, senza «compassata forma», come dirà un contemporaneo, sembra non essere costituita da nemici ma da fratelli, da liberatori. Da gente comune, pronta a cambiare il mondo. Renderlo diverso e migliore. Ci si stringe intorno a loro. Li si applaude. Li si abbraccia. Si guarda con entusiasmo a questo giovane generale che li guida. Pallido. Emaciato. Ribollente agli occhi di chi comincia ad amarlo. Per altri invece è l’incarnazione del diavolo: fosco, un bastardo, un bamboccio dai capelli scomposti, come lo descriverà il cancelliere austriaco Thugut.

La libertà per gli Italiani, dopo secoli di oscurantismo e di oppressione, sembra dietro la porta. E, assieme ad essa, l’idea di indipendenza. Dalla Lombardia all’Emilia, dalla Romagna alla Toscana e a Napoli si risponde. Tutti sono convinti, per la prima volta da secoli, che si può tornare ad essere padroni di sé stessi. La fantasia galoppa e Bonaparte elettrizza le folle.



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