I Peccati del Vaticano by Claudio Rendina

I Peccati del Vaticano by Claudio Rendina

autore:Claudio Rendina [Rendina, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2012-04-25T22:00:00+00:00


Bastiti esser prò visto

de Corso, de Tribian, de Malvasia,

e de' bei modi assai de sodomia;

et meno biasmo te fia

col Squarzia e Curzio nel sacro palazzo

tenir a bocha il fiasco, e in culo il cazzo.

Peraltro Giulio il ha il favorito nel bello e corrotto Francesco Alidosi, già suo amante e segretario quando era cardinale nella legazione di Avignone. Lo ha elevato alla porpora nel 1505 e gli ha assegnato il compito di gestore delle casse pontificie, nonché la legazione di Bologna. L'Alidosi abita in Borgo nel palazzo di famiglia del papa, ovvero l'odierno palazzo dei Penitenzieri, che è in prossimità del palazzo apostolico, ma il suo impegno di legato lo porta a vivere ben poco a Roma, così che le manifestazioni di affetto tra i due sono ormai sempre più rare. Oltretutto si interpone tra i due il nipote di Giulio II, Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e capitano generale della Chiesa; odia l'Alidosi e ritiene che sia di ostacolo per la sua affermazione.

Il duca di Urbino rompe ogni indugio per eliminare l'Alidosi, e il 7 ottobre 1510 lo arresta con l'accusa di intrattenere una corrispondenza con i francesi in guerra con il papa. Lo conduce in catene da Modena a Bologna, ma il papa impone al nipote di liberare il suo Francesco, assegnandogli oltretutto la carica di vescovo di Bologna. L'Alidosi è convinto che il papa straveda ancora per lui e cerca di ottenere un altro privilegio, la signoria di Imola, già proprietà della sua famiglia; ma la risposta è negativa. L'Alidosi è più che mai deciso a resistere dentro Bologna, come fosse un personale possedimento, all'assalto dei francesi che vogliono consegnare la città ai Bentivoglio, i feudatari della città. Ma gli stessi bolognesi si rifiutano di obbedire agli ordini del legato e si sollevano in massa, distruggendo anche una statua di Giulio II realizzata da Michelangelo.

L'Alidosi, terrorizzato, fugge mentre nella città liberata entrano i francesi con i Bentivoglio, e si rifugia presso il papa a Ravenna, rovesciando sul nipote di Giulio II la colpa della disfatta. Il papa crede al suo favorito, e lo incoraggia ad andare a riposarsi per ritemprarsi dal terrore provato, e per evitargli d'incontrare il nipote. Anche Francesco Maria raggiunge il papa, e accusa d'inettitudine l'Alidosi, ma viene travolto da una serie di improperi e minacce di confisca dei beni, finendo cacciato dal palazzo. Ma il duca, mentre si allontana incontra per strada l'Alidosi a cavallo di una mula; lo sbalza di sella e lo uccide. Per Giulio II è una tragedia: piange e urla il nome del suo favorito per ore e si vendica sul nipote. Lo spoglia di tutte le cariche, permettendogli solo di abitare a Roma, ma dietro il pagamento di una cauzione.

Un cardinale sotto accusa di omosessualità nel 1559 è Carlo Carafa, figura di spicco del nepotismo familiare (v.), dedito insieme ai fratelli a «quel peccato così abbominevole in cui non fassi alcuna distinzione di sesso mascolino e femminino», come lo definisce lo zio Paolo IV, quando lo viene a sapere.



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